Il green di Draghi si sposa con le richieste di Urso e Pichetto

Nel presentare il suo rapporto sulla competitività dell’Unione, Mario Draghi ha lanciato un grido d’allarme: o l’Europa cambia e subito e senza tentennamenti, oppure è destinata a diventare marginale sul palcoscenico mondiale. Di per se stesso non è nulla di assolutamente inedito: che a Bruxelles e Strasburgo debbano modificare atteggiamenti, uscire dalla campana di vetro e mettersi al passo con i tempi (e i concorrenti: Cina, Usa, India, i Brics) lo avevano capito anche i sassi, come riuscirci invece è fardello di chi governa i vari Paesi. L’ex premier ed ex presidente della Bce ha scattato la sua fotografia della situazione e si è solo peritato di mettere fretta a chi – nei prossimi mesi – sarà chiamato a decidere che strada prendere. E’ finita la stagione dei tentennamenti e, forse, pure quella dell’ideologia estrema e della burocratizzazione.

Su tutto e sopra tutto c’è il problema dei denari: circa 750-800 miliardi di investimenti aggiuntivi annui in più rispetto a quelli pianificati per fare in maniera che la Ue non si sgonfi. E possa contare su innovazione e transizione. Nel silenzio quasi assoluto e proprio per questo assordante che è calato all’improvviso sulla questione green, Draghi ha avuto il coraggio di affrontare il tema dell’energia pulita, quindi della decarbonizzazione. Che, per l’ex presidente del Consiglio, è una opportunità da cogliere e non da gettare alle ortiche. Come? Abbassando i prezzi dell’energia di cui sopra e dando vita a un’innovazione verde che esalti il ruolo dell’economia circolare.

Numeri alla mano, dal report Draghi emergono cifre tanto grandi quanto ampiamente prevedibili perché la transizione green ha costi elevatissimi. Per le quattro maggiori industrie ad alta necessità di energia, le EII (chimica, metalli di base, minerali non metalliferi e carta), si prevede che la decarbonizzazione costerà complessivamente 500 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, mentre per le ‘hard to abate’ del settore dei trasporti (marittimo e aereo) il fabbisogno di investimenti è di circa 100 miliardi di euro all’anno dal 2031 al 2050.

Una riflessione, quella di Draghi, che arriva il giorno dopo la richiesta avanzata dal ministro Adolfo Urso di spostare in avanti la ‘fine’ del motore endotermico (oltre il 2035) ‘spalleggiato’ dal ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e dal ministro Gilberto Pichetto Fratin di rivedere il meccanismo relativo alle case green. Anche qui, nulla di inedito ma anche nulla che si possa ulteriormente procrastinare perché certe posizioni oltranziste del precedente esecutivo di Bruxelles ormai sembrano vecchie di secoli e andranno (andrebbero) a gravare sulle tasche dei cittadini. Ai quali verrà già chiesto in qualche modo di contribuire ai quei 750-800 miliardi in più della ‘dieta’ Draghi.

Vittorio Oreggia

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