
L’Italia “ricopre un ruolo centrale” e il gruppo “sta portando avanti quanto si era impegnata a realizzare lo scorso dicembre, con passione, responsabilità e professionalità, ma soprattutto perché ci crediamo”. In audizione davanti alle Commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato, il presidente di Stellantis, John Elkann, ribadisce quanto annunciato già lo scorso 17 dicembre al tavolo del Mimit e cioè la volontà di continuare a investire nonostante un 2025 che si preannuncia già “difficile” e un settore europeo dell’automotive “in una fase critica”. Anche perché, ha ricordato “il contributo positivo alla crescita dell’economia italiana non è mai venuto meno” e “se non ci fosse oggi Stellantis, non saremmo qui, perché l’auto italiana sarebbe già scomparsa da tempo”.
Un’audizione, quella di Elkann, richiesta mesi fa da maggioranza e opposizione, ma che il gruppo ha preferito rimandare per consentire “il doveroso rispetto dell’iter” parlamentare, che si è concluso proprio con il tavolo di fine anno, durante il quale l’azienda ha presentato il nuovo piano industriale per l’Italia con l’aumento dei modelli in produzione, elettrici e ibridi, e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Un progetto da 2 miliardi di investimenti nel 2025, oltre a 6 miliardi di acquisti da fornitori che operano nel nostro Paese. Resta ancora aperto il capitolo ceo: la successione di Carlos Tavares, ha spiegato Elkann, “sta procedendo secondo i tempi stabiliti” e il nuovo amministratore delegato di Stellantis sarà annunciato entro la prima metà dell’anno.
Numeri alla mano, Elkann ha ricordato che negli ultimi 20 anni “la spesa per investimenti, ricerca e sviluppo in Italia è stata di 53 miliardi a fronte di contributi pubblici di 1 miliardo, per un rapporto tra dare e avere di 50 a 1”, le imposte versate sono state di 32,2 miliardi e gli stipendi pagati ammontano a 38,9 miliardi di al netto dei contributi sociali.
Certo è, ha spiegato, che il futuro va in qualche modo definito, soprattutto a livello di politiche industriali. Ma, ha assicurato, “il futuro dell’automotive non è l’industria bellica”. I produttori automobilistici europei “stanno affrontando uno svantaggio strutturale rispetto ai loro concorrenti cinesi, pari al 40% del costo manifatturiero complessivo”. Colpa anche del costo dell’energia, che incide – e di molto – sulla competitività e delle regole legate alla decarbonizzazione che hanno creato un mercato “frammentato e non omogeneo”.
La richiesta – in modo particolare all’Europa – è quella di avere “certezze per poter operare” e raggiungere così la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Insomma, il rinvio delle multe a carico dei costruttori che non riescono a rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni è un intervento “di corto respiro, che non dà la necessaria certezza al mercato”. Servirebbe, per il presidente di Stellantis, anche un’azione più decisa sul mercato dell’elettrico, potenziando l’infrastruttura di ricarica perché “la mancanza di una solida rete di colonnine scoraggia gli acquirenti di veicoli dall’optare per i modelli elettrici”. “Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni – ha detto Elkann – il ritmo di installazione rimane troppo lento e non sufficiente a convincere i clienti a passare all’elettrico. Quasi il 60% di tutte le stazioni di ricarica europee si trova in soli tre paesi: Germania, Francia e Olanda. In Italia ci sono meno di un terzo delle colonnine installate in Olanda”.
E se per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, “siamo sulla strada giusta”, per la Lega le parole di Elkann sono “l’ennesima, vergognosa presa in giro: il suo gruppo è cresciuto grazie ai soldi degli italiani, italiani che poi ha licenziato per investire e assumere all’estero”. Per questo “dovrebbe scusarsi coi lavoratori, e restituire i miliardi incassati dal nostro Paese”. Secondo la Fiom “non è emersa alcuna novità” e “le incertezze occupazionali rimangono con il piano confermato oggi”.