Allarme agromafie: business da oltre 25 miliardi, volume d’affari raddoppiato in 10 anni

Presentato il nuovo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie

Un volume d’affari illecito da oltre 25 miliardi. Sono i dati contenuti nel report sulle Agromafie in Italia, elaborato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie, presentato al Centro congressi Palazzo Rospigliosi. Un giro praticamente raddoppiato in circa 10 anni, che sembrava aver avuto una battuta d’arresto con la pandemia, che purtroppo è stata già recuperata abbondantemente. Anzi, i crimini agroalimentari hanno addirittura allargato il loro perimetro d’azione, toccando nuovi ambiti: dal caporalato alla falsificazione e sofisticazione dei prodotti alimentari, al controllo della logistica e l’appropriazione di terreni agricoli e fondi pubblici, fino a usura, furto e cybercrimine.

Un piatto ricco e goloso, quello dell’agroalimentare, per il malaffare, che ha potuto allungare i suoi tentacoli su diversi asset. “Un esempio è lo sfruttamento degli immigrati attraverso il caporalato, gestito da reti criminali italiane e straniere – si legge nel documento -. Ma le agromafie usano le pieghe della burocrazia per promuovere il credito illegale, acquisire aziende agricole e riciclare denaro, mentre gli imprenditori subiscono minacce e danni per cedere terre e attività, anche a causa della crisi legata alle tensioni internazionali e all’aumento dei costi di produzione che ha caratterizzato questi ultimi anni, indebolendo molte imprese”.

Nel mirino degli agrocriminali ci sono soprattutto i fondi pubblici, oltre al controllo di mercati e appalti. E tutto questo viene realizzato, purtroppo, con l’aiuto di professionisti compiacenti e documenti falsi. L’analisi rileva che le infiltrazioni si ramificano fino alla ristorazione, i mercati ortofrutticoli e la grande distribuzione, “senza risparmiare vere e proprie le frodi alimentari, con prodotti adulterati o senza etichetta, spesso venduti nei discount”, sottolinea il report.

Tra i settori che maggiormente subiscono gli effetti negativi dei crimini agroalimentari ci sono quelli del vino, dell’olio, i mangimi e il riso. Per portare a compimento i piani criminali vengono anche utilizzati agrofarmaci vietati e false certificazioni bio da importazioni dell’Est Europa.

Anche l’Italian sounding e le frodi sul packaging rientrano a pieno titolo nella casistica presa in esame dal rapporto. “Coldiretti è da sempre in prima linea contro le agromafie che oggi puntano alla filiera agroalimentare allargata il cui valore è salito alla cifra record di 620 miliardi di euro e con un export da 69,1 miliardi”, avverte il presidente nazionale di Coldiretti e dell’Osservatorio agromafie, Ettore Prandini. “La crisi internazionale e i cambiamenti climatici stanno mettendo in crisi la filiera agroalimentare, che appare sbilanciata a favore della distribuzione e penalizza i produttori”, sottolinea, poi, il presidente di Eurispes, Gian Maria Fara. Denunciando che “molte aziende agricole, pur operando nel contesto del successo del Made in Italy, faticano a sostenere l’aumento dei costi, la riduzione delle rese, i prezzi imposti dalla Gdo e la difficoltà di accesso al credito. Le mafie, grazie alla loro liquidità, offrono prestiti usurari o acquistano aziende agricole in difficoltà, seguendo un modello simile al land grabbing”.

Numeri che fanno riflettere, quelli delle agromafie. “Se i consumatori comprano prodotti a prezzi stracciati, e se settori deviati della Grande distribuzione organizzata o dell’industria acquistano e vendono sottocosto, quel sottocosto qualcuno lo paga, e sono quasi sempre gli agricoltori e i lavoratori agricoli”, mette in luce il segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo.

Dal Rapporto sulle agromafie emergono anche aspetti positivi, come il plauso per l’approvazione del disegno di legge che introduce nel Codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare, accogliendo le proposte della cosiddetta legge Caselli, con importanti misure per tutelare la filiera agroalimentare e i consumatori, in particolare sulla repressione delle frodi.

Riflettori accesi, invece, sulla nascita di organizzazioni transnazionali tra Italia e Paesi extra-europei, che agiscono come agenzie informali di intermediazione illecita della manodopera agricola. Indagini recenti hanno rivelato come queste reti, sfruttando anche i decreti flussi, organizzino l’arrivo di lavoratori dal subcontinente indiano (soprattutto India e Bangladesh), in cambio di ingenti somme. Una volta in Italia, questi lavoratori vengono sfruttati, privi di tutele, e costretti a lavorare per saldare il debito contratto, magari destinati ad altri settori, mentre gli imprenditori agricoli si ritrovano senza manodopera. Infine, c’è un richiamo all’Europa.

Dal parallelismo con l’Italia, che si è dotata di un sistema sanzionatorio e di controllo all’avanguardia, nel Vecchio continente il rischio è che il fenomeno delle agromafie venga sottovalutato. Eppure, oltre che nel nostro Paese, gruppi criminali organizzati che operano nel settore primario sarebbero stati individuati in Austria, Belgio, Germania, Slovacchia, Spagna e Paesi Bassi. Le loro attività, però, non risultano monitorate e catalogate con sistematicità.