I dazi Usa affondano l’export tedesco, mentre quello italiano è in accelerazione
Le stime Istat per il biennio 2025-2026 mostrano un’economia nazionale in lieve ma costante crescita. Le esportazioni di Berlino, invece, ad aprile sono calate dell’1,7% e verso gli Stati Uniti il crollo del 10,5%

Dazi, guerre, incertezza… ma l’Italia sembra più attrezzata a navigare questi tempi della Germania, almeno sul fronte delle esportazioni. Le stime Istat per il biennio 2025-2026 mostrano un’economia nazionale in lieve ma costante crescita, sostenuta principalmente dalla domanda interna, ma anche da un export che, seppur penalizzato dai dazi e dall’apprezzamento dell’euro, riesce comunque a garantire un apporto positivo, soprattutto grazie alla buona performance registrata nel primo trimestre dell’anno.
Nel dettaglio, il Pil italiano è previsto in aumento dello 0,6% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo due anni consecutivi chiusi con un’espansione dello 0,7%. La domanda interna – alimentata da consumi in lenta ripresa, investimenti in accelerazione e occupazione in aumento – sarà il principale motore della crescita. Ma anche il commercio estero farà la sua parte: nonostante uno scenario globale incerto e segnali di rallentamento, le esportazioni italiane dovrebbero crescere dell’1,3% nel 2025 e dell’1,8% nel 2026. Le importazioni cresceranno a un ritmo leggermente superiore (rispettivamente +2,1% e +2,2%), limando il saldo netto ma non in maniera tale da compromettere la tenuta dell’economia. Il contributo della domanda estera netta dovrebbe essere lievemente negativo, ma contenuto (-0,2 punti percentuali nel 2025 e -0,1 nel 2026), segno che l’export continua a reggere, sebbene sotto pressione.
La locomotiva tedesca sta attraversando invece una fase ben più complicata: ad aprile le esportazioni tedesche sono calate dell’1,7% su base mensile, toccando il livello trimestrale più basso a 131,1 miliardi di euro. Il dato ha sorpreso negativamente i mercati, che si attendevano una contrazione molto più moderata. Il crollo dell’export verso gli Stati Uniti, sceso del 10,5%, ha avuto un peso rilevante, in parte attribuibile alla nuova ondata di dazi introdotta dall’amministrazione Trump nell’ambito di una strategia commerciale sempre più aggressiva.
Anche le vendite verso la Cina (-5,9%), il Regno Unito (-2,1%) e la Russia (-5,3%) hanno subito contrazioni significative. Solo l’export verso l’Unione europea ha mostrato un debole segnale positivo (+0,9%), ma non sufficiente a compensare le difficoltà extra-Ue. L’Italia, al contrario, sembra beneficiare di un posizionamento più agile e diversificato sui mercati globali, e ha saputo capitalizzare un primo trimestre favorevole. Pur scontando anch’essa l’effetto dei dazi e l’impatto del rafforzamento dell’euro sul cambio con il dollaro, le sue esportazioni mostrano una maggiore tenuta.
In parte ciò è dovuto alla composizione settoriale: l’Italia esporta in misura significativa beni alimentari, prodotti della moda e beni di investimento leggeri, comparti meno esposti alle barriere tariffarie rispetto alla meccanica pesante e all’automotive, pilastri dell’export tedesco. In parte è merito della maggiore elasticità delle piccole e medie imprese italiane, capaci di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti della domanda internazionale.
Sul fronte interno, inoltre, l’economia italiana appare in condizioni di stabilità: i consumi privati continueranno a crescere (+0,7% annuo nel biennio), sostenuti dalla crescita dell’occupazione e dei salari, pur in un contesto di aumento della propensione al risparmio. L’occupazione è prevista in aumento (+1,1% nel 2025 e +1,2% nel 2026), con un tasso di disoccupazione in discesa al 6% e poi al 5,8%.
Anche l’inflazione, dopo un temporaneo aumento tra fine 2024 e inizio 2025, dovrebbe rallentare grazie al calo dei prezzi energetici e al raffreddamento della domanda.