
Il Medio Oriente resta l’osservato speciale per l’Occidente, ma anche l’Ucraina continua a dare forti preoccupazioni. Da ogni angolatura del globo, Tel Aviv, Teheran, Gaza, Kiev e Mosca sono sempre al centro delle attenzioni delle varie cancellerie, compresa l’Italia ovviamente. Questi dossier alla Farnesina sono sempre aperti sulla scrivania di Antonio Tajani.
Sull’Ucraina, ad esempio, il ministro degli Esteri conferma la sua posizione: “Ho sempre detto che non si sarebbe raggiunto un cessate il fuoco prima della fine di quest’anno”, ragion per cui “non sono molto ottimista, Putin vuole andare avanti per una serie di motivi”, dice ai microfoni di ‘Morning news‘, su Canale 5. Il vicepremier spiega che il presidente russo deve fare i conti con “un esercito di un milione di persone, dove i militari vengono pagati il doppio di quanto viene pagato un operaio medio nella Federazione” e “tutta l’industria, quindi l’economia della russa, di fatto, è orientata alla difesa” con molte imprese che si sono riconvertite, dunque “fatica a fare marcia indietro”. Sul piano militare, poi, “la sua speranza è poter conquistare sempre più territori, ma non sarà facile, perché dopo quasi 3 anni non è riuscito a ottenere ciò che voleva”.
Per mettere un freno al conflitto, Tajani ritiene dunque “inevitabile infliggere altre sanzioni alla Russia, però mirate agli aspetti finanziari, in modo da impedire a Putin di finanziare le proprie truppe. Questo è il modo migliore per cercare di convincerlo a più miti consigli e arrivare ad un cessate il fuoco, ma – ribadisce – è un’impresa molto difficile”. L’Italia, ma non solo, conta “molto sulla mediazione americana e stiamo facendo tutto ciò che è possibile per sostenere questa iniziativa”. Anche praticamente, con la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina di Roma, del 10 e 11 luglio prossimi: “Ci saranno decine e decine di capi di stato e di governo, imprese pubbliche e private per permettere all’Ucraina, anche durante la guerra, di poter ricostruire parte di ciò che è stato distrutto”.
Altro capitolo estremamente delicato è quello mediorientale. Nonostante la tregua i riflettori sull’Iran non si spengono: “Trump vuole dimostrare che l’arrivo della nuova Amministrazione provoca cambiamenti nel mondo, ma è una missione molto complicata, perché in Medio Oriente c’è la presenza dell’Iran che è preoccupante: è in grado di produrre la bomba atomica e c’era quasi arrivata: ci riproverà se non si arriva ad un accordo che disinneschi questo pericolo”, avverte Tajani. Che offre nuovamente Roma come sede dei negoziati tra Teheran e Washington.
Da Teheran, però, “dipende moltissimo anche ciò che accade in Israele”, sottolinea il ministro degli Esteri, spiegando che “a Gaza, Hamas è sostenuto dall’Iran”. La speranza è che si facciano passi avanti verso il cessate il fuoco anche nei Territori, perché “è inaccettabile ciò che sta accadendo a Gaza” dove si verifica “una violazione del diritto internazionale e umanitario, anche da parte di Israele”. L’amicizia con Tel Aviv non è minimamente in discussione, eppure “Israele non ascolta molti di questi appelli, purtroppo – conferma Tajani -. E’ ovvio che anche Hamas deve fare la sua parte, deve liberare gli ostaggi, ma pure Israele deve comprendere che non si può continuare con questa carneficina della popolazione civile che non ha nulla a che vedere con Hamas, sebbene usi i palestinesi come scudi umani”. Il punto che il vicepremier ripete è che “avendo sconfitto nella sostanza Hamas, per Israele è giunto il momento di arrivare a un cessate il fuoco per permettere aiuti alla popolazione civile: aiuti umanitari, aiuti alimentari”. Un obiettivo su cui l’Italia conferma il proprio impegno.