
La vendemmia 2025 è già scattata da una decina di giorni, peraltro in anticipo per il caldo, ma a preoccupare non è la qualità, stimata da Coldiretti tra “buono e ottimo”, bensì la quantità. Almeno 45 milioni di ettolitri saranno prodotti dal sistema Italia, una quota che supera le attuali giacenze delle cantine. Secondo l’ultimo report redatto dall’Icqrf (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari), al 31 luglio 2025 negli stabilimenti enologici italiani sono presenti 39,8 milioni di ettolitri di vino, 2,3 milioni di ettolitri di mosti e 58.747 ettolitri di ‘vino nuovo ancora in fermentazione’ (Vnaif). Rispetto al 31 luglio 2024, si osserva un valore delle giacenze superiore per i vini (+0,5%) e per i Vnaif (+58,4%) e inferiore per i mosti (-8,5%). Rispetto al 30 giugno 2025 il dato delle giacenze è inferiore per i vini (-8,8%), per i mosti (-14,5%) e per i Vnaif (-8,1%). Il 57,9% del vino è detenuto nelle regioni del Nord, prevalentemente nel Veneto. Il 56,3% è a DOP, il 25,2% a IGP mentre i vini varietali costituiscono appena l’1,5% del totale. Il 17% è rappresentato da altri vini.
“Le giacenze di vini a Indicazione Geografica sono molto concentrate; infatti, 20 denominazioni su 526 contribuiscono al 56,8% del totale delle giacenze”, spiega il report. Per tipologia di prodotto, in cima alla classifica delle giacenze c’è il Prosecco con oltre 3,2 milioni di ettolitri (10% del totale), seguito dall’Igt toscano (1,548 milioni), dai prodotti pugliesi (1,385 milioni), Chianti (1,2 milioni) e Montepulciano d’Abruzzo (oltre 980mila litri). I vini nuovi ancora in fermentazione sono 58.747 ettolitri, in giacenza per il 74,9% al Nord, per il 12,7 al Centro, per il 8,9% al Sud e per il rimanente 3,5% nelle Isole.
Le principali associazioni agricole avevano già lanciato l’allarme, manifestando tutta la loro inquietudine: perché oltre a parassiti e calore anomalo, c’è da fare i conti anche con i dazi Usa e con un trend dei consumi ai minimi storici. “Le difficoltà sono diffuse e coinvolgono quasi tutte le regioni, con dinamiche analoghe”, aveva spiegato Confagricoltura: “Le giacenze in cantina sono elevate, in particolare per i vini rossi, e le prospettive per la nuova campagna di vendita non appaiono rassicuranti. I prezzi delle uve sono attesi in calo ovunque, talvolta anche in modo marcato, con stime di riduzioni fino al 30%. In alcune regioni, come Lombardia e Puglia, si registrano crisi conclamate con richieste di blocco delle rivendiche o di riduzione delle rese”. Riduzione delle rese che sono già state annunciate da diversi Consorzi vitivinicoli: dal Pinot Grigio al Chianti, fino all’Asti Docg, l’obiettivo è quello di equilibrare domanda e offerta. Perché la situazione è tale che, secondo Coldiretti, “rischia di compromettere la stabilità del mercato, deprimere i prezzi e disincentivare gli investimenti futuri, frenando la crescita e la qualità che il settore ha saputo costruire nel tempo”. L’ultima campagna di investimenti e ristrutturazione dei vigneti ha registrato oltre 8.500 domande per un totale di più di 220 milioni di euro richiesti, segno di un comparto ancora vitale, ma oggi esposto a rischi senza precedenti. “Preoccupano inoltre i fattori esterni – aveva spiegato Coldiretti al termine del tavolo Vino promosso a inizio mese dal governo – dall’esclusione del vino dal premio accoppiato nella proposta di riforma della Pac – che lo equipara a prodotti nocivi – alla crescente demonizzazione mediatica del vino come alimento nocivo, fino all’annunciato aumento dei dazi statunitensi sulle importazioni, che potrebbe causare un danno stimato di oltre 317 milioni di euro sull’export italiano, con gravi ripercussioni sulle produzioni di nicchia e sulle piccole imprese”.
La vendemmia italiana compete ancora alla grande, e anzi batte le previsioni sulla produzione degli altri due colossi europei, Francia e Spagna. Le stime preliminari del Ministero francese dell’Agricoltura, indicano che nel 2025 dovrebbe attestarsi tra i 40 e i 42,5 milioni di ettolitri, un livello “significativamente superiore” a quello del 2024 (tra +10 e +17%), anno caratterizzato da un raccolto scarso a causa di vari rischi climatici e sanitari, e vicino alla media quinquennale. In Francia le condizioni climatiche sono state più favorevoli: l’inizio secco e caldo dell’estate ha limitato la pressione delle malattie e non ci sono grandi pericoli meteorologici da segnalare in questa fase. In questo contesto, si prevede un aumento significativo della produzione nel corso dell’anno, in particolare in Borgogna, Champagne, Valle della Loira e Charentes. Tuttavia, in altre regioni come Bordeaux, il Sud-Ovest e la Linguadoca-Rossiglione, questo aumento sarà parzialmente compensato da una riduzione delle superfici in produzione, a seguito dei piani di estirpazione avviati nel 2023. Dall’ultima vendemmia sono stati ritirati da questi vigneti più di 20.000 ettari in totale.
In Spagna, terzo produttore europeo, la Cooperativas Agro-Alimentarias stima invece una vendemmia di circa 37,5-38 milioni di ettolitri di vino e mosto, nonostante i vigneti nazionali abbiano subìto numerosi eventi meteorologici, che hanno rappresentato “una sfida continua” per i viticoltori: attacchi di peronospora, temporali, grandine, nonché danni causati da animali selvatici come conigli, cinghiali e lumache, e la persistente minaccia di siccità. Particolarmente “preoccupante”, spiegano i produttori spagnoli, è stato l’impatto della muffa, con ripercussioni significative in Andalusia e in altre zone della penisola iberica. Sensibilmente migliore del caso italiano è il dato delle giacenze: al 31 maggio ammontavano a 33,8 milioni di ettolitri, in calo di un milione di ettolitri rispetto al 2024 (34,75 milioni di ettolitri) e comunque sotto la stima di produzione.