La Francia guida la produzione agricola in Europa, tallonata dall’Italia. Lo riferisce l’Istat nella relazione ‘Economia e legislazione agricola – Anno 2021’. Con 81,6 miliardi di euro (circa il 18,4% del totale dei 27 Paesi Ue) nel 2021 la Francia ha consolidato infatti la leadership della produzione agricola tra gli Stati membri, seguita da Italia (60 miliardi di euro e 13,5% del totale), Germania (59,4 miliardi di euro e 13,4% del totale) e Spagna (56,4 miliardi di euro, 12,7%); seguono Paesi Bassi (30,3 miliardi di euro, 6,8%) e Polonia (27,5 miliardi di euro e 6,2%). Tra i 27 Stati dell’Unione, 22 hanno registrato un andamento positivo del valore della produzione agricola nel 2021. Gli incrementi maggiori hanno interessato, tra i principali Paesi membri, Romania (+29,5%), Spagna (+7,8%), Paesi Bassi (+7,4%), Polonia (+7%), Francia (+6,9%), Italia (+5,6%) e Germania (+3,1%).
VALORE AGGIUNTO, L’ITALIA PERDE LA LEADERSHIP CHE DETENEVA DAL 2013
Il valore aggiunto agricolo si è attestato a 184 miliardi di euro per il complesso dell’Ue, segnando un incremento del 3,5% rispetto al 2020. “In tale contesto – riferisce l’istituto di statistica – va menzionato l’exploit della Francia (+12,7%) che, con 35,1 miliardi di euro, ha raggiunto il primo posto della classifica, scavalcando l’Italia. Pur avendo incrementato del 2,3% il proprio valore aggiunto agricolo, il nostro Paese si è fermato a 32,7 miliardi di euro perdendo una leadership che durava ininterrottamente dal 2013. Spagna (29,7 miliardi) e Germania (19,4 miliardi) figurano in terza e quarta posizione“.
Tra i maggiori produttori, solo la Romania è riuscita a superare la performance della Francia (+23,3%), mentre per gli altri principali Stati membri l’incremento del valore aggiunto è stato più contenuto (+3,8% per Spagna, +2,4% per Paesi Bassi, +2,3% per l’Italia) e in alcuni casi negativo (Polonia -17,8%, Germania -6,1%). Riguardo agli input agricoli dell’Ue (consumi intermedi), dopo la frenata del 2020 (-0,8% in valore), nel 2021 si è registrato un consistente incremento del valore dei costi (+9,8%), dovuto soprattutto al rincaro dei prodotti energetici e dei fertilizzanti. I prezzi (misurati in termini di prezzo base) hanno manifestato un generale consistente rialzo per il complesso dell’Ue27 (+7,4%). Gli aumenti più accentuati sono stati rilevati in Romania (+10,8%), Francia (+8,6%), Grecia (+7,9%), Paesi Bassi e Polonia (+7,8%) e Spagna (+7,6%).
L’indicatore di reddito agricolo – che misura la produttività del lavoro in agricoltura – è cresciuto dell’1,5% a livello Ue27 ma, tra i principali Stati membri, solo Romania (+28%) e Francia (+16,3%) hanno fatto registrare una crescita rilevante, mentre tutti gli altri sono risultati in negativo (Polonia -18,9%, Germania -10,8%, Spagna -5,2%, Grecia -3,3%, Paesi Bassi -2,8% e Italia -1,6%).
LA RESILIENZA DELL’AGRICOLTURA EUROPEA
Secondo l’Istat, nel 2020 l’economia agricola europea ha dimostrato, nel complesso, una notevole capacità di resilienza di fronte alle difficoltà legate alla crisi sanitaria e le ripercussioni sono risultate contenute. Inoltre nel 2021, in base alle prime stime, il valore della produzione del comparto agricolo ha fatto registrare segnali di ripresa per l’insieme dei Paesi Ue27 rispetto all’anno precedente. A livello quantitativo, i comparti in maggiore sofferenza sono stati quello vinicolo (-13,4%) e quello frutticolo (-4,9%), mentre hanno segnato un notevole recupero la produzione di olio d’oliva (+13,3%), le coltivazioni industriali (+5,8%) e quelle cerealicole (+5,6%). In termini di valore, olio d’oliva, cereali e piante industriali sono state le coltivazioni più redditizie (rispettivamente +43,1%, +34,5% e +30,4%). “Decisivo nel 2021 – conclude l’Istat – è stato il ruolo giocato dall’andamento dei prezzi alla produzione che, spinti essenzialmente dal robusto aumento dei costi degli input intermedi, sono risultati in generale sensibile aumento per tutte le tipologie di produzioni, con un picco raggiunto da olio d’oliva, cereali e piante industriali. Anche il comparto zootecnico ha fatto registrare sensibili aumenti dei prezzi alla produzione, ad eccezione di quelli delle carni suine“.