Alle volte una guerra, se non è nei tuoi confini, può grandemente aiutare lo sviluppo della tua economia. Non è certo il miglior modo per ‘crescere’, è ovviamente meglio farlo in maniera pacifica, ordinata, facendo in modo che nessuno resti indietro, ma tant’è. È quello che potrebbe succedere nell’Unione europea, che può arrivare ad una sostanziale indipendenza energetica che le potrebbe permettere di giocare un ruolo del tutto diverso e nuovo nello scenario mondiale.
Dopo la Prima Guerra mondiale, alla quale gli Stati Uniti parteciparono solo nella fase finale (entrarono in guerra nell’aprile del 1917), Washington assistette ad una impressionante crescita economica, di dimensioni del tutto inattese, e Wall Street, che fino a quel momento era una piazza secondaria, divenne la prima del Mondo. Gli Usa ebbero la fortuna di partecipare ad una guerra lontano da casa, dunque con nessun danno strutturale, ed ebbero, ovviamente, anche la fortuna di vincerla, mentre le potenze europee ne uscirono tutte piuttosto male, sia le vincitrici sia le sconfitte.
Questa guerra di invasione lanciata dalla Russia in Ucraina sembra poter provocare risultati simili, anche se in misura più contenuta. Gli Stati dell’Unione europea, è innegabile, stanno partecipando a questa guerra: forniamo armi, aiuti economici, formazione militare. Subiamo anche le conseguenze economiche, anche se, a dire il vero, alle volte sono enormemente ingigantite da una propaganda spicciola: ad esempio il grano che noi importiamo dall’Ucraina è una quota che sfiora l’1,5 per cento del totale, praticamente insignificante.
Questa guerra però sta spingendo l’Unione e i singoli Stati europei a compire passi forse neanche mai tentati prima, con grande soddisfazione della Commissione di Ursula von der Leyen, in particolare nel settore energetico. I piani per renderci indipendenti dalle fonti russe stanno facendo passi da gigante, favorendo approvvigionamenti molto più diversificati, e dunque ‘sicuri’, molto meno soggetti agli umori del dittatore di turno. Soprattutto però enorme è la spinta verso le energie rinnovabili, che fino a un mese fa erano quasi reiette, confinate a qualche concorso per la città ‘più riciclona’, a qualche gara tra architetti, a qualche programma per le scuole.
Ora il piano della Commissione europea è di portare l’energia rinnovabile al 45 per cento del consumo di energia entro il 2030, il 5 per cento in più di quanto stabilito solo nel luglio del 2021. Il programma ha bisogno di essere approvato dai Ventisette, e non sarà né semplice né immediato, però c’è, e prima o poi passerà.
Un nuovo panorama energetico non ha solo un valore direttamente economico, è di fronte a tutti l’evidenza che raggiungere un robusto grado di autonomia, in un mix tra forniture diversificate, riciclo e risparmio, potrà dare l’opportunità all’Unione di giocare molto meglio quel ruolo da protagonista nello scacchiere mondiale al quale tenta di ritornare con strumenti impegnativi quali la Bussola Strategica. Non dipendere da altri dal punto di vista energetico, restando il più ricco mercato del Mondo, magari anche essendosi dati una politica di difesa più efficiente potrebbe dare all’UE, nel giro di pochi anni, un’immagine del tutto nuova, che potrà anche cambiare gli assetti del potere mondiale.