L’indipendenza dalle forniture russe è la priorità, ma la strategia energetica italiana vuole comunque sbocchi su un futuro che guardi oltre i prossimi due anni. La conferma arriva dalle parole del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che in collegamento con il Festival dell’Economia di Trento avvisa dei rischi che l’Europa, quindi il nostro Paese, sta correndo in questa fase storica: “Quello che sta accadendo è la conseguenza di un’economia anche in larga misura di guerra“, una prospettiva che “mi spaventa moltissimo“. Il responsabile del Mite risponde a distanza ai nefasti presagi dell’amministratore delegato di Jp Morgan, che nei giorni scorsi ha parlato di “uragano economico” in arrivo, anche se passa in rassegna alcune storture che non sono direttamente collegate al conflitto. “È difficile sapere cosa abbiano in mente i grandi finanzieri, ad esempio Lehman Brothers per me era un bell’uragano, ed è stata una bolla. Ho tanto l’impressione che anche sugli energetici, alla fine, quando il costo di produzione dell’energia non ha nulla a che vedere con il costo della materia prima che produce, sia già quello un urgano“.
Così come va messa mano ai meccanismi del mercato dell’energia elettrica. “Abbiamo messo 30 miliardi per mitigare questo tsunami energetico, cui si è aggiunta la questione delle materie prime legata in parte alla guerra – sottolinea Cingolani -. È una situazione estremamente complessa, ma è evidente che gli Stati non possano continuare a mitigare gli effetti della crisi: bisogna cominciare a guardare alle regole di questo mercato, che va rivisto. Non si può pensare di poter accettare un 600-700% di aumento del costo dell’energia, a fronte non di una mancanza di materia prima. A questo punto non dico non sia etico, ma quantomeno totalmente sganciato dalla realtà“. Oltre questo, ci sono altre sfide da vincere. Innanzitutto accelerare sulla transizione verde, “perché l’urgenza di arrivare al 55% di decarbonizzazione rispetto ai valori del 1990, non è la stessa che avevamo 15 anni fa“, diversificando le fonti e “accelerando le rinnovabili” assieme “a tutte le altre misure come la circolarità, la rinaturazione, cioè gli investimenti sui nostri terreni, sui nostri mari e il nostro verde per decarbonizzare. Ed è quello che stiamo facendo con il Pnrr“.
Finora il lavoro del governo sta ripagando gli sforzi. “Abbiamo trovato 25 miliardi di metri cubi di gas, dalla Russia ne importiamo 29 miliardi ogni anno, ciò vuol dire che sostanzialmente abbiamo di fatto portato in pari il fabbisogno, perché i 4 miliardi di differenza saranno un piano di risparmio non draconiano, che dovremo fare comunque perché vogliamo diminuire l’uso del gas“, spiega il ministro. La conditio sine qua non, comunque, resta sempre la stessa: “Gli stoccaggi devono essere portati a termine entro la fine dell’anno“. Solo così, e i dati dicono che siamo sulla strada giusta, “non metteremo un cappotto in più” il prossimo inverno. Nel frattempo continua l’opera di semplificazione per le energie rinnovabili. Se poi si riuscisse anche a “far capire alla burocrazia che il tempo non è gratis, ma è un costo” cioè “perdere tempo sulle infrastrutture importanti è un danno all’erario, a tutti noi e ai nostri figli” – per dirla con le parole di Cingolani – l’Italia sarebbe già un pezzo avanti. Il ministro, per far comprendere questi concetti usa anche gli ultimi dati di Terna sui nuovi allacciamenti di rinnovabili: “Quest’anno saranno più di 5 gigawatt di impianti, due volte e mezzo la somma di quanto è stato fatto nel 2020 e nel 2021“.
Resta sempre il nodo del gas, anche se il price cap deciso dall’Ue, sebbene temporaneo, è un toccasana. A proposito di Europa, l’embargo al petrolio russo per ora resta l’unico bando in cantiere, da cui, peraltro, l’Italia non subirà grossi svantaggi perché “la nostra dipendenza è il gas”, spiega il ministro della Transizione ecologica. Che dopo aver riconosciuto il buon lavoro di Snam sulle navi rigassificatrici, svela che a breve potrebbero sciogliersi i nodi sul contratto anche per la seconda imbarcazione. Poi ci sarà da scegliere dove ormeggiarle: “Devono essere molto vicine ai punti di innesto dei gasdotti”.
Per sostenere il costo di queste operazioni, però, i Paesi del Vecchio continente potranno contare sui fondi europei del RePowerEu, che il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, definisce un nuovo capitolo del Pnrr. Dunque, escludendo la possibilità di una proroga per l’Italia. Anche perché, avverte l’ex premier, “se il Paese che viene ritenuto il principale beneficiario di questo strumento straordinario, se ne uscisse chiedendo una proroga sarebbe la conclusione di questo esperimento”. Della serie: a buon intenditor, poche parole.