Federbeton: “Valorizziamo i rifiuti con combustibili solidi secondari”

Con il caro-energia, le emissioni di CO2 e l'economia circolare, si è tornato a parlare dei cosiddetti Css. Tema su cui l'azienda punta da tempo

Antonio Buzzi

Aumento dei costi dell’energia, impatto ambientale, emissioni di CO2, economia circolare. Di fronte a uno scenario mondiale che – complice la guerra in Ucraina – ha necessariamente dovuto accelerare su questi temi, si è tornato a parlare dei cosiddetti Css, cioè i combustibili solidi secondari, quella frazione di rifiuti solidi urbani o industriali che, opportunamente trattata, potrebbe essere utilizzata come fonte di energia invece di finire nelle discariche o negli inceneritori. Un argomento, questo, su cui Federbeton – associata di Confindustria che rappresenta la filiera del cemento e del calcestruzzo – punta da tempo. La situazione del settore non è delle più rosee, perché, dice a GEA Antonio Buzzi, vicepresidente di Federbeton, “arriva da una situazione di lunghi anni di forte calo dei consumi e delle produzioni di cemento e calcestruzzo“.

IL PESO DELLA CRISI ENERGETICA

Una discesa iniziata a metà degli anni 2000, complice una crisi finanziaria globale senza precedenti. Poi, un periodo di stabilità con alti e bassi (e circa 19 milioni di tonnellate di consumi, a fronte dei 45 del decennio precedente) seguito dalla pandemia e, ora, dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze sia sul fronte della produzione sia su quello dell’energia. Qualcuno la chiama la ‘tempesta perfetta’. E l’energia pesa, pesa tantissimo sul settore. “Le componenti energetiche – dice Buzzi – sono quelle che impattano di più sui nostri costi di produzione, sia quelle elettriche sia quelle derivate dai combustibili fossili“, tra cui il pet-coke, combustibile fossile che soddisfa l’80% delle necessità energetiche caloriche. Le aziende del settore, in un simile contesto di forte inflazione da costi e non da domanda, spiega il vicepresidente Buzzi, “hanno necessità di riportare un po’ di marginalità“.

RISORSA ‘A CHILOMETRI ZERO’

Ed è qui che si inseriscono i combustibili solidi secondari, anche perché “in Italia il fattore energetico è estremamente penalizzante per la mancanza di risorse interne a cui fare ricorso“. I Css sono una risorsa “quasi a chilometro zero“, spiega Buzzi, che offre “benefici ambientali” e, al tempo stesso, dà “agli imprenditori la possibilità di produrre in modo più competitivo, con dei costi inferiori“.

IL POSSIBILE UTILIZZO DEI CSS

Ma facciamo un passo indietro e proviamo a capire in che modo potrebbero essere riutilizzati. I rifiuti solidi urbani e quelli speciali subiscono alcuni trattamenti prima di essere indirizzati ai diversi impianti di smaltimento o riciclati. Ciò che resta e che non può essere recuperato in alcun modo finisce in discarica o negli inceneritori. Ecco da dove parte l’idea della circolarità: invece di bruciare i rifiuti senza alcun altro fine se non quello di liberarsene – è il ragionamento di Federbeton – si potrebbero utilizzare per produrre combustibile per i forni che servono alla produzione di cemento, sostituendo almeno in parte i prodotti petroliferi. Il funzionamento di questi impianti, infatti, richiede grandi quantità di energia per raggiungere elevatissime temperature e, ad oggi, è difficile pensare di ottenere le stesse prestazioni da fonti completamente green. Con l’energia termica si soddisfa il processo a caldo, quello che serve a ‘cuocere’ la materia prima a temperature comprese tra i 950 e i 1450 gradi e, dice Buzzi, “con le fonti green sarebbe molto complesso perché i nostri processi sono continui, h24, e le rinnovabili – almeno per ora – sono discontinue“. L’energia elettrica, invece, serve prevalentemente alle operazioni di macinazione prima e dopo la cottura. In questo caso una parte può essere sostituita da fonti rinnovabili “ed è proprio in questa direzione che si stanno muovendo molti operatori del settore“, anche grazie alle recenti semplificazioni introdotte dal Governo.

IL PROBLEMA DELLE EMISSIONI

E gli effetti sul pianeta? Una delle obiezioni degli ambientalisti è che bruciare i rifiuti è in ogni caso dannoso. Ma l’utilizzo dei combustibili solidi secondari negli stabilimenti, spiega Buzzi, “non aumenta le emissioni. Anzi, per alcuni parametri si hanno lievi miglioramenti e si riducono significativamente le emissioni di CO2. E allora perché non possiamo usarli di più? Altri Paesi ne fanno un ampio utilizzo, specie laddove le politiche industriali sono più lungimiranti e perché forse c’è una maggiore comprensione di questa pratica“.

In effetti, è fuori Italia che i combustibili solidi secondari sono impiegati maggiormente nell’industria e, in particolare nei cementifici, raggiungendo un tasso del 60%, a volte anche dell’80%. La Germania, ad esempio, è al 70%. Nel nostro Paese la sostituzione dei prodotti petroliferi tramite Css è limitata a circa il 21%. Secondo la stima elaborata dal Laboratorio REF Ricerche, un tasso di sostituzione del 66% in Italia porterebbe al taglio di 6,8 mln di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera, grazie al mancato conferimento in discarica che verrebbe sostituito dalla valorizzazione energetica in cementeria. Non si tratta di negare le emissioni prodotte dalla combustione, è il ragionamento di Federbeton, ma di “riqualificare” ciò che comunque finirebbe in atmosfera senza portare alcun beneficio, restituendo, inoltre, competitività. Attraverso la sostituzione dei combustibili fossili con il Css, infatti, si annulla l’impatto emissivo della CO2 del combustibile fossile sostituito, sottraendo nello stesso tempo i rifiuti non riciclabili ad altri trattamenti che comunque darebbero luogo a emissioni di CO2. Come dire: finché non si trova una soluzione globale al problema della spazzatura non riciclabile, sfruttiamo ciò che abbiamo per ottenere benefici ambientali.

I LIMITI NORMATIVI

Dal punto di vista normativo, i limiti emissivi concessi agli inceneritori e alle cementerie sono simili per molti parametri. Differiscono unicamente per alcuni parametri in ragione del processo produttivo e sempre nel rispetto delle Bat (Best Available Techniques, ovvero migliori tecnologie di settore disponibili). Spesso poi, dove autorizzate all’impiego dei CSS “le cementerie hanno limiti più restrittivi rispetto a quanto non avrebbero con l’utilizzo del solo fossile“.

COME NASCE IL CSS

Oggi l’Italia produce circa 30 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti urbani e più di 150 milioni di rifiuti speciali, che vengono processati e trattati negli impianti gestiti prevalentemente dal settore pubblico. Una parte, poi, è convogliata in altre strutture che procedono alla loro biostabilizzazione per abbattere la carica batterica. Il materiale residuo viene poi triturato e declorurato trasformandosi in ‘coriandolato’. È il Css. Secondo le analisi di Federbeton, sarebbe possibile impiegare almeno 1 milione di tonnellate all’anno di questo materiale nelle cementerie, cioè circa il 10% dei rifiuti urbani indifferenziati. In realtà, come spiega Margherita Galli, referente Ambiente ed economia circolare Federbeton, “se ne usano appena 230mila tonnellate. Parlando, invece, di combustibili alternativi nel loro complesso siamo a circa 420mila tonnellate“. Ma quali sono gli altri combustibili alternativi utilizzati? Combustibili derivati da plastiche, gomme, pneumatici e fanghi di acque reflue.

LA VOLONTÀ POLITICA

Per aumentare il recupero dei Css nelle cementerie servono “una maggiore conoscenza di questa pratica – spiega Buzzi – più trasparenza nel raccontare l’impatto dei materiali nel ciclo produttivo, la condivisione delle informazioni con i portatori di interesse. Abbiamo tutti gli strumenti per poterlo fare, compresi quelli normativi. Gli enti autorizzativi conoscono molto bene questa possibilità, ma ci vuole la volontà politica e delle amministrazioni locali“.