Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, è diventato un punto di riferimento per comprendere le dinamiche dei prezzi delle materie prime.
Il gas è sui massimi. Quest’autunno sarà disastro o c’è una speranza?
“Quando si parla di speranza si evidenzia un fallimento di fondo delle politiche energetiche e industriali degli ultimi 20 anni. C’è stata una eccessiva compiacenza, anche da parte del governo, nell’adattarsi alla ricostituzione delle scorte, che va bene, ma le scorte coprono solo il 40% dei consumi annuali. Anche il raggiungimento del 90% degli stoccaggi entro fine ottobre non tutelerebbe in toto l’approvigionamento europeo, nel caso i flussi rimanessero a livelli attuali. C’è una bella differenza tra stock e flussi”.
Con forniture al 20% della capacità attraverso North Stream, come siamo messi con i flussi?
“I flussi sono drammaticamente bassi, si rischia di arrivare a gennaio in una condizione di carenza di gas”.
Al di là dei prezzi, c’è un problema di scarsità di gas?
“Il governo è stato molto veloce nell’intraprendere un’azione di diversificazione delle scorte, compiendo un lavoro ineccepibile. Serve però pure un’operazione trasparenza: la sostituzione del gas russo non si può portare avanti nell’arco di un anno. Per rinunciare del tutto a 150 miliardi di metri cubi, che ogni anno arrivavano in Europa dalla Russia, bisogna prendere Gnl, affidarsi ad altri Paesi che non si sa se saranno capaci di rispettare impegni… Servono anni. Per questo ritengo che è impellente un piano di razionamento dei consumi”.
Ma c’è un piano?
“Il piano non c’è, ha provato a portarlo avanti la Commissione Ue proponendo di ridurre del 15% i consumi di gas, tuttavia anche questa strategia è insufficiente per coprire l’ammanco da North Stream1. Un meno 15% equivale a un risparmio di 10 miliardi di metri cubi nel periodo agosto-marzo, però i flussi medi dalla Russia valgono 40 miliardi…”
C’è un rischio razionamento anche dell’elettricità?
“Il problema cruciale è il gas, le reti elettriche con consumi più bassi dovrebbero tenere. La cosa preoccupante, mi riferisco sempre al gas, è che negli ultimi mesi in concomitanza con la riduzione di flussi da North Stream, sono aumentati fortemente i contratti a un anno. Il mercato si attrezza dunque a vivere una tensione per i prossimi due anni”.
Negli ultimissimi mesi abbiamo assistito a un calo notevole del prezzo del petrolio e a un’impennata di quello del gas. Come si spiega?
“Il gas è una commodity più regionalizzata, dove la speculazione è più bassa. Mentre in questo momento la speculazione spinge al ribasso il petrolio, sulla convinzione di una recessione economica, malgrado il mercato fisico suggerirebbe prezzi più alti”.
Ci sono altre commodity da temere?
“I metalli, anche quelli legati al mondo agricolo, dopo il picco marzo stanno vivendo una fase di raffreddamento, si tratta di una pausa all’interno di un ciclo rialzista. Ad esempio il rame: si stima che entro il 2030 la carenza sarà di 6 milioni di tonnellate in virtù del rispetto dei piani climatici e della elettrificazione. E questo ciclo rialzista pone una serie di domande: l’inflazione come sarà gestita, se sarà gestita? L’Occidente come pensa di vincere questa nuove guerra fredda?“.
Come può vincerla?
“Bisogna ridotarsi di una politica industriale e rivedere il Green deal, che va adattato alle nostre capacità estrattive. Bisogna allentare la dipendenza dalla Cina e sbloccare i vincoli ambientali”.