Ridurre i prezzi dell’energia, garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e continuare a lavorare per ridurre la domanda. Sono da poco passate le 2 del mattino di venerdì 21 ottobre quando il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, annuncia in un tweet che i leader europei hanno trovato un’intesa sul dossier energetico, il nodo più difficile da sciogliere alla due giorni di Vertice Ue in corso a Bruxelles. “Prevalgono unità e solidarietà”, ha rivendicato Michel sui social. Ciò che aveva auspicato Mario Draghi.
Ai leader sono servite quasi dieci ore di negoziati, tra una pausa e l’altra, per arrivare a un accordo di principio sul pacchetto di misure contro il caro energia proposto dalla Commissione. Dieci ore che riflettono bene le divisioni dei governi sulla risposta alla crisi energia, su cui è prevalsa la determinazione a trovare un’intesa. Un accordo di principio che nei fatti si traduce in un indirizzo politico e una roadmap per far sì che la Commissione Ue e i ministri competenti abbiano il mandato per lavorare in maniera urgente per attuare queste misure, dal corridoio di prezzo sulle transazioni del gas al price-cap sul gas usato per la generazione di energia elettrica (sul modello iberico).
Nelle conclusioni adottate in tarda notte, il Consiglio europeo invita i Paesi Ue e la Commissione a presentare con urgenza decisioni concrete su nove misure in tutto per abbassare i prezzi, tra cui un nuovo indice complementare (alla borsa olandese Ttf, plasmata sui gasdotti) per il gas liquefatto entro l’inizio del 2023; “un corridoio di prezzo dinamico temporaneo sulle transazioni di gas naturale per limitare immediatamente gli episodi di prezzi eccessivi del gas” e “un quadro temporaneo dell’Ue per fissare un tetto al prezzo del gas nella generazione di elettricità”.
L’introduzione di un meccanismo di controllo del prezzo del gas (nella sua versione di ‘corridoio dinamico’ sulla borsa olandese o di ‘cap’ iberico) era senza dubbio la questione più divisiva tra i governi, con la Germania che ha continuato a frenare durante tutti i colloqui sull’idea di un tetto, preferendo rafforzare i negoziati con i partner fidati e abbassare così i prezzi con accordi vantaggiosi per entrambi. L’indirizzo politico trovato è un segnale positivo, ma è un fatto che sul price cap (e anche sul resto) c’è ancora molto lavoro tecnico da fare; i dettagli dovranno essere discussi in primis dai ministri dell’Energia che si incontreranno il 25 ottobre a Bruxelles. E se il confronto tra i ministri non avrà successo, Michel potrebbe convocare un nuovo Consiglio europeo straordinario a novembre. Ora abbiamo “una roadmap buona e solida per lavorare sulla nostra strategia”, ha assicurato in conferenza stampa la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, riferendo che “saranno i ministri martedì a iniziare i lavoreri sulle nostre proposte”, ha aggiunto.
Non solo un intervento per ridurre i prezzi. Nelle conclusioni i leader dicono sì all’acquisto congiunto volontario di gas, “con l’obbligo per un volume equivalente al 15 per cento del fabbisogno di stoccaggio, in base alle esigenze nazionali”, a “migliorare il funzionamento dei mercati dell’energia per aumentare la trasparenza del mercato”, ad “accelerare la semplificazione delle procedure di autorizzazione al fine di velocizzare l’introduzione delle energie rinnovabili e delle reti”, e a intraprendere “misure di solidarietà energetica in caso di interruzioni della fornitura di gas a livello nazionale, regionale o dell’Unione, in assenza di accordi di solidarietà bilaterali”, assicurando anche “sforzi maggiori per il risparmio energetico”.
L’ultima misura, la nona, è quella che potenzialmente potrebbe aprire all’idea di uno strumento finanziario comune europeo contro il caro bollette. Il Consiglio europeo – si legge – “è impegnato in uno stretto coordinamento delle risposte politiche e sottolinea l’importanza di uno stretto coordinamento e di soluzioni comuni a livello europeo, ove appropriato, e si impegna a raggiungere i nostri obiettivi politici in modo unito”. Più che di nuova emissione di debito comune, come fatto per il Recovery Fund durante la pandemia, a Bruxelles i ragiona su come redistribuire fondi esistenti e inutilizzati per andare a compensare parte delle spese. Nel pacchetto energia la Commissione europea ha proposto di destinare 40 miliardi di euro da fondi non utilizzati del bilancio 2014-2020 di fondi strutturali, come la politica di coesione, per sostenere famiglie e imprese. Anche su questo dossier resta del lavoro da fare, dal momento che è necessario raggiungere un accordo tra co-legislatori di Parlamento e Consiglio sul piano REPowerEU presentato a maggio per affrancare l’Ue dall’energia russa.