La Commissione europea, nelle sue consuete previsioni economiche invernali, stima che la crescita della Ue per il 2022 sia stata del 3,5%, mentre il Pil dovrebbe crescere nella Ue dello 0,8% quest’anno e dell’1,6% nel 2024 (0,9% e 1,5% nell’eurozona). Bruxelles prevede inoltre che l’inflazione complessiva scenderà dal 9,2% nel 2022 al 6,4% nel 2023 e al 2,8% nel 2024 nell’Unione, invece nell’area dell’euro i prezzi dovrebbero rallentare dall’8,4% del 2022 al 5,6% quest’anno e al 2,5% nel 2024.
Analizzando i principali Paesi e incrociando le previsioni Ue con quello che gli Stati hanno investito nell’ultimo anno e mezzo contro il caro-energia, dato aggiornato dall’istituto Bruegel, si nota che la Germania ha messo sul piatto 268 miliardi di euro da settembre 2021 ma il suo Pil quest’anno dovrebbe crescere solo dello 0,2%. L’Italia, che invece ha speso 99,3 miliardi, dovrebbe beneficiare di un Pil a +0,8%. Inoltre l’inflazione tedesca è vista salire nel 2023 del 6,3%, contro un +6,1% tricolore. Come nel 2022 dunque l’economia italiana potrebbe far meglio dei grandi competitor, Germania e Francia, nonostante la scarsa capacità di produzione energetica e la forte riduzione delle forniture russe di gas.
Partendo proprio dal Belpaese, la Commissione Ue prevede “che quest’anno l’attività economica dovrebbe riprendere solo gradualmente, poiché i consumi delle famiglie continuano a essere frenati dalla perdita di potere d’acquisto, anche a causa della scadenza delle agevolazioni fiscali sui carburanti per autotrazione (a fine 2022) e di altre misure a sostegno dei redditi delle famiglie (a fine marzo 2023). Nella seconda metà dell’anno la spesa per consumi dovrebbe riprendere a crescere, parallelamente all’accelerazione degli investimenti, anche grazie ai progetti di investimento pubblico inseriti nel Pnrr italiano. In media, il Pil dovrebbe crescere dello 0,8% in termini reali nel 2023”. Sul fronte rincari – sottolinea Bruxelles – “sebbene i prezzi internazionali delle materie prime energetiche siano per lo più scesi ai livelli del 2021, il loro aumento si è diffuso ai prezzi alla produzione e al dettaglio di alimenti, beni industriali e infine servizi. L’aumento dell’inflazione italiana nella seconda metà del 2022 si ripercuoterà nel 2023, ma si prevede che gli effetti base contribuiranno a ridurre il tasso annuo al 6,1%. Dinamiche salariali ancora contenute, dato il lento processo di rinnovo dei contratti collettivi e il meccanismo di indicizzazione molto parziale, nonché un’attesa stabilizzazione dei prezzi delle materie prime sostengono la previsione del tasso di inflazione al 2,6% nel 2024”.
Altra musica in Germania, secondo la Commissione, dove “nonostante un recente miglioramento della fiducia, si prevede che l’economia subirà un altro lieve calo all’inizio del 2023 poiché i prezzi dell’energia per le famiglie sono ancora in aumento e il sostegno del governo per gennaio e febbraio sarà erogato solo a marzo e la crescita delle esportazioni è destinata a rallentare trascinata dalla debole domanda estera. Inoltre la pressione sui margini aziendali dovuta ai forti aumenti dei prezzi alla produzione è stata deprimente per le prospettive per gli investimenti in attrezzature e si prevede che i maggiori costi di costruzione e di finanziamento peseranno sulle costruzioni”. Berlino evita la recessione, visto che le previsioni 2023 erano per un Pil a -0,6%, però non ulteriori rincari: “Nel 2023, la trasmissione dell’elevata crescita dei prezzi dell’energia all’ingrosso dovrebbe essere mitigata dai massimali sui prezzi del gas e dell’elettricità, sebbene questi rimangano a livelli storicamente elevati. Tuttavia, i costi alla produzione ancora in aumento dovrebbero mantenere alta l’inflazione Iapc (il cosiddetto ‘carrello della spesa’) al 6,3% previsto nel 2023”.
La Commissione Ue prevede un Pil inferiore al nostro anche per la Francia (+0,6% nel 2023), dove – ipotizza Bruxelles – “l’attività economica dovrebbe rimanere modesta nella prima metà del 2023, con un primo trimestre stabile. Gli investimenti, in particolare, sono destinati a diminuire a causa dell’aumento dei costi di produzione, delle condizioni finanziarie più rigide e dell’accresciuta incertezza. Tuttavia, la prevista decelerazione dell’inflazione dovrebbe consentire una graduale ripresa nella seconda metà dell’anno, con i consumi privati che guadagnano slancio e la crescita degli investimenti in ripresa grazie alla ripartenza della domanda interna e del commercio internazionale”. Ciò nonostante, conclude la Commissione europea, “per tutto il 2023 il Pil dovrebbe crescere solo moderatamente in termini annui, dello 0,6%”. Meno dell’Italia.