Ue, Parlamento e Consiglio cercano l’accordo sulle case green. Ma la strada è in salita

Oggi un nuovo 'trilogo' per raggiungere un accordo politico sulla revisione della direttiva, ma il nodo da sciogliere resta ancorato agli standard minimi di rendimento energetico degli edifici e le posizioni restano distanti

Nuova direttiva case green, Parlamento e Consiglio ci riprovano. E’ previsto per oggi un nuovo incontro tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio Ue, mediato dalla Commissione europea (in gergo si chiama ‘trilogo’) per raggiungere un accordo politico sulla revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive) proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue.

Sarà un incontro in cui i due negoziatori tenteranno di raggiungere un accordo politico, ma a Bruxelles sono in molti a pensare che difficilmente si possa arrivare già adesso a chiudere il compromesso. Ad ogni modo, Commissione europea e entrambi i co-legislatori incalzano a trovare un’intesa politica prima della fine dell’anno.

A dicembre 2021 la Commissione europea ha proposto di introdurre standard minimi obbligatori di prestazione energetica per il parco immobiliare dell’Ue da introdurre gradualmente dal 2027, portando gli Stati a individuare almeno il 15% del proprio patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni e a ristrutturarlo passando dalla classe energetica più bassa “G” al grado “F” entro il 2027 per gli edifici non residenziali e entro il 2030 per gli edifici residenziali.

L’edilizia è responsabile del 40% dei consumi energetici d’Europa e del 36% dei gas a effetto serra provenienti dal settore energetico. La Commissione propone un intervento per arrivare al 2050 con un parco immobiliare europeo a zero emissioni nette, sia sugli edifici vecchi e che su quelli ancora da costruire. Sulla proposta della Commissione europea, gli Stati membri al Consiglio Ue hanno concordato la loro posizione negoziale a ottobre scorso mentre l’Europarlamento ha concordato il mandato in plenaria a marzo. Entrambe le istituzioni hanno apportato modifiche sostanziali alla proposta della Commissione europea, e ora stanno cercando di trovare un terreno comune.

Il nodo politico resta ancorato all’articolo 9 che riguarda gli standard minimi di rendimento energetico degli edifici, su Parlamento e Consiglio hanno posizioni diverse.

Nella sua posizione l’Europarlamento ha rafforzato i target di efficienza rispetto alla proposta originaria della Commissione, garantendo però più flessibilità agli Stati membri per raggiungerli attraverso i piani nazionali. Le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’). Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030) e tutti i nuovi edifici dovranno disporre di impianti solari entro il 2028.

Gli Stati membri, come spesso accade, nella loro posizione hanno di fatto annacquato in molte parti la proposta dell’esecutivo comunitario, chiedendo maggiore flessibilità anche nel negoziato con l’Eurocamera. Per gli edifici residenziali esistenti gli Stati membri vogliono fissare norme minime di prestazione energetica “sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050”. Fissando solo due ‘tappe’ intermedie: che il consumo medio di energia primaria sia entro il 2033 equivalente alla classe di prestazione energetica D ed entro il 2040, a un valore “determinato a livello nazionale derivato da un graduale calo del consumo medio di energia primaria dal 2033 al 2050”.