Un altro +0,64% anche oggi. Da inizio ottobre la performance è di +13,6%. Le utilities europee, le principali raggruppate nel sotto indice di settore dell’Eurostoxx, sembrano aver superato il periodo nero legato al rialzo dei tassi e dei rendimenti che hanno appesantito i titoli delle società di servizi energetici fino alla fine di settembre perché i loro grandi debiti, legati principalmente agli investimenti, non garantivano di certo agli investitori ritorni positivi. Negli ultimi 50 giorni però l’aria è cambiata. I rendimenti dei titoli di stato, complice un raffreddamento dell’inflazione, si sono ridimensionati dopo aver visto il decennale Usa sfondare per qualche ora addirittura il 5% a metà ottobre scommettendo sulla fine del rialzo dei tassi. Inoltre le stesse società, come si è visto durante il Capital Market Day di Enel della scorsa settimana, hanno rivisto i loro piani. Investimenti sì, nelle rinnovabili ok, ma non a tutti i costi.
Come in molti settori, l’impennata delle quotazioni delle materie prime e dei materiali sta incidendo sul settore dei servizi di pubblica utilità. Le spese di acquisto, di personale e di finanziamento, soprattutto per i parchi eolici offshore, hanno costretto alcune società di servizi pubblici a terminare alcuni dei loro progetti, com’è capitato ad esempio alla danese Orsted alle prese con perdite miliardarie o a Vattenfall, che ha visto rincarare del 40% il prezzo per lo sviluppo degli impianti eolici in mare. Quello delle utility è un settore ad alta intensità di capitale e i servizi di pubblica utilità europei sono grandi utilizzatori di obbligazioni e prestiti bancari. Inoltre per rifinanziare il debito esistente devono affrontare tassi di interesse molto più elevati rispetto agli ultimi cinque anni. Oggi il settore paga un tasso medio del 3,7% sulle nuove obbligazioni senior a cinque anni. Nel 2022, questo tasso era in media del 3%. Nel periodo 2018-2021 le Utilities potrebbero emettere obbligazioni senior a cinque anni con un tasso cedolare medio dello 0,8%.
Queste percentuali in termini reali diventano ingenti se si pensa che nel 2024, le 40 principali utility europee investiranno probabilmente un totale di 132 miliardi di euro nella manutenzione e nello sviluppo delle loro reti, della base rinnovabile e degli asset di generazione di energia convenzionale. “Guardando indietro al periodo 2018-2022, i piani di investimento del settore sono cresciuti con una media sbalorditiva del 10% all’anno, passando da circa 70 miliardi di euro nel 2018 a 110 miliardi di euro nel 2022”, si legge in una analisi di Ing che prevede invece per il prossimo anno un incremento degli investimenti di solo il 5%, appunto “inferiore a quello che abbiamo visto negli ultimi cinque anni”. Questo perché “con i progetti (rinnovabili) ora più costosi – sottolinea la banca olandese – le utilities europee sono diventate più selettive poiché vogliono garantire un livello adeguato di ritorno sugli investimenti”.
“Useremo per gli investimenti solo la cassa che generiamo, non faremo ulteriore debito. Ci comporteremo come una famiglia…”. Così Flavio Cattaneo aveva concluso la conferenza stampa di presentazione del nuovo piano Enel mercoledì scorso. Nell’ultimo anno è ricambiato il mondo dell’energia, dopo gli eccessi del 2022. “Il rialzo del tasso di interessi e un’inflazione elevata hanno richiesto adattamenti, con una revisione dell’allocazione del capitale”, aveva sottolineato. “Le incertezze di breve termine fanno sì che l’azienda debba essere il più flessibile possibile”, aveva aggiunto. “La tendenza di lungo periodo è che la generazione di capacità distribuita dovrà portare a un rafforzamento delle reti, inoltre servono più sistemi di accumulo. Tuttavia l’aumento dei costi deve far sì che i progetti siano coperti da rendimenti più adeguati e prevedibili, per questo stiamo riplasmando i nostri investimenti”.