Legambiente dedica il suo congresso all”Italia in cantiere‘. E non è un controsenso. “Negli anni del Covid e della crisi economica, dei disastri causati dalle guerre, ci siamo più volte interrogati su come potevamo aiutare il Paese a diventare più indipendente dal punto di vista energetico e delle materie prime e dall’altra parte su come fare in modo che l’Italia possa contribuire a ridurre le tensioni a livello internazionale, spesso causate dall’accaparramento delle risorse naturali“, spiega il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani.
‘Cantiere’ non è una parola che spaventa gli ambientalisti?
“A volte. Ma abbiamo voluto esorcizzarla, perché per fare tutte le opere, gli impianti e le infrastrutture della transizione ecologica bisogna aprire tanti cantieri, bisogna farli realizzare e chiuderli in tempi brevi. Bisogna evitare cantieri che vanno in direzione opposta, penso alle fossili, o al Ponte sullo stretto di Messina, perché l’Italia deve andare velocemente nella direzione della decarbonizzazione. Ce lo chiede il Pianeta, ce lo chiedono le famiglie e le imprese che pagano bollette sempre più pesanti, e credo sia la risposta migliore rispetto agli eventi estremi che continuano a flagellare il nostro Paese con frequenze sempre più importanti e potenza sempre più distruttiva“.
Pensa che il governo stia dedicando la giusta attenzione alla transizione?
“Sulle politiche energetiche questo governo sta andando in continuità con quello precedente, ma più in generale, sulla transizione ecologica, sta rallentando il processo. Perché non si può da una parte agire per liberarci dalla dipendenza delle fossili, sviluppando le rinnovabili, e dall’altra autorizzare nuovi impianti di rigassificazione, come quelli fissi che si vorrebbero realizzare a Gioia Tauro in Calabria o a Porto Empedocle in Sicilia. Si deve decidere in quale direzione si vuole andare. Noi vogliamo la direzione della liberazione dell’Italia dalla dittatura delle fossili. C’è purtroppo chi nel Paese crede che queste due visioni, della transizione e del vecchio modello produttivo, possano continuare a coesistere“.
Il congresso coincide con l’inizio della COP28 di Dubai. Spaventa l’assenza di Biden e Xi?
“Non è benaugurante l’assenza dei presidenti degli Stati Uniti e della Cina, anche se l’accordo firmato qualche settimana fa è importante e può dare una mano al Pianeta. L’assenza di Papa Francesco invece è solo fisica, perché la sua voce ricorrerà nelle stanze della COP28 ed è un elemento che speriamo possa far ricredere i Paesi che ad oggi non vogliono un nuovo accordo per andare oltre quello di Parigi del 2015 e speriamo che si possano mettere tutte quelle tessere per fare in modo che l’accordo per la lotta alla crisi climatica si concretizzi“.
Le azioni più urgenti per una buona riuscita della conferenza delle parti?
“Serve spingere sulle innovazioni e sulle rinnovabili nei paesi industrializzati, nei Paesi emergenti e bisogna aiutare i Paesi in via di sviluppo non solo a partire dall’era delle rinnovabili senza passare da gas e carbone, ma anche aiutarli per gestire quelle perdite importanti che, all’interno dei Paesi in via di sviluppo, creano disastri umani e sono la conseguenza dei disastri ecologici che vediamo in tutto il Pianeta“.