Pierre Friedlingstein, climatologo dell’Università di Exeter, sostiene che “calcolare le emissioni da combustibili fossili è abbastanza semplice. Usiamo i dati forniti dai singoli Paesi su consumi e produzione di carbone, petrolio e gas, oltre che sulle emissioni. Dati che confrontiamo con le statistiche su consumi elettrici, trasporti, ecc. Ovviamente, con alcuni Paesi è più complesso perché mancano registri precisi, così usiamo stime. Più difficile è calcolare le emissioni da ‘land use’, principalmente dalla deforestazione. Siamo certi, però, che le emissioni crescono dell’1,1% annuo”. Nell’intervista a Il Corriere della Sera aggiunge che “se si mantiene l’attuale trend, raggiungeremo 1.5°C con una probabilità del 50% entro sette anni. Possiamo centrare l’obbiettivo solo con zero emissioni entro 16 anni”. Friedlingstein dice ancora: “Europa, Usa, Cina e India rappresentano il 60% delle emissioni. In Unione Europea stanno diminuendo del 7%, in Usa del 3-4%. In Cina crescono ma è ancora una reazione al periodo di stop pandemico e speriamo che presto inizieranno a declinare. In India, le emissioni stanno crescendo molto, l’8% quest’anno e probabilmente continueranno ad aumentare del 4-5% annuo finché non raggiungeranno il picco, tra un po’ di tempo”. La via d’Uscita? Forse il nucleare: “È parte della soluzione, come le fonti rinnovabili. Serve un cocktail di strategie. Le emissioni in Francia sono molto basse grazie al processo di elettrificazione reso possibile dal nucleare. Ma non è l’unica soluzione, è non è applicabile in tutti i Paesi”.