Prezzo Co2 a minimi da 23 mesi: meno costi per imprese e meno gettito statale

Carbonio sotto pressione da inizio anno a causa di un inverno mite e di una stagnazione industriale che colpisce due potenze come Francia e Germania.

Prezzo del gas in forte calo in Europa, col future Ttf scambiato a 27 euro per megawattora in ribasso di oltre 2 punti percentuali, e prezzo della Co2 letteralmente in picchiata – ai livelli di 23 mesi fa – a causa di un inverno più mite della media e di una stagnazione industriale che colpisce soprattutto due potenze come Francia e Germania. Il future Eua (European Union Allowances, quota di emissione valevole nell’ambito dell’EU ETS per compensare 1 ton/CO2 equivalente) con scadenza dicembre 2024 viene scambiato in ribasso di quasi il 3% a 59 euro per tonnellata di Co2.

Un anno fa i prezzi erano intorno ai 100 euro. Il carbonio è sotto pressione dall’inizio dell’anno, sottolinea in un’analisi il sito specializzato Montel, poiché temperature superiori alla media e forniture di gas salutari hanno depresso i prezzi del gas , aumentando la redditività del metano meno inquinante rispetto al carbone. Senza contare che l’aumento di produzione da fonti rinnovabili ha ulteriormente ridotto l’utilizzo dello stesso carbone.

Il crollo del prezzo della Co2 rappresenta una boccata d’ossigeno per numerose imprese cosiddette energivore, che devono sottostare alle regole imposte dal Sistema Europeo di Scambio di quote di emissione (il cosiddetto Eu Ets), che è il principale strumento adottato dalla Ue, in attuazione del Protocollo di Kyoto, per ridurre le emissioni di gas serra. L’Ets, nato nel 2005, mette a disposizioni delle quote che possono essere comprate da chi inquina e vendute da chi produce energia verde. I gestori degli impianti possono dunque scegliere la combinazione economicamente più vantaggiosa tra investire per ridurre le proprie emissioni (con tecnologie a basso contenuto di carbonio, variazioni del mix energetico e misure di efficienza energetica) o acquistare quote. I principali acquirenti sono i produttori di energia, più attivi d’inverno, dal gas al carbone soprattutto, ma anche l’industria pesante (come ferro e acciaio, cemento o prodotti chimici) e altre attività manifatturiere. Visti gli imponenti costi che toccano il settore industriale, che potrebbe privilegiare lo spostamento della produzione fuori Europa, erano nate le quote gratuite che però saranno fortemente ridotte dal 2024 al 2026 in linea col Fit for 55. Fino al 2025, le industrie continueranno a ricevere certificati gratis, ma la loro distribuzione appunto varierà: le attività manifatturiere vedranno ridursi le loro assegnazioni gratuite e non ci saranno quote gratuite per il settore energetico. Entro il 2030 addirittura scomparirà circa il 50% delle quote gratuite.

Il calo dell’Eua farà incassare anche meno soldi allo Stato. Nel terzo trimestre 2023 l’Italia ha collocato 9,8 milioni di quote EUA ad un prezzo medio ponderato di 84,2 euro e ricavando circa 824 milioni di euro. Rispetto al 2022, i proventi complessivi sono aumentati del 16,1% per l’aumento dei prezzi (+7,8%) e dei volumi all’asta (+7,7%). Visti i prezzi attuali, facile intuire che il gettito – che il Gse trasferisce al Tesoro (14,5 miliardi di euro dal 2012 – calerà di centinaia di milioni.