In piena Fashion Week, il governo francese annuncia che sosterrà una proposta di legge per sanzionare il ‘fast fashion’ e vietare la pubblicità dei suoi rivenditori. Ad annunciarlo è il ministro per la Transizione ecologica, Christophe Béchu.
Il testo, presentato da Anne-Cécile Violland, sarà difeso dai deputati del gruppo Horizons il 14 marzo. Si rivolge ai rivenditori di fast-fashion e ai siti di e-commerce, che offrono innumerevoli capi di abbigliamento a basso prezzo e di bassa qualità, per lo più importati dall’Asia. Prevede una modulazione dell”ecocontributo’ versato dalle aziende in base al loro impatto ambientale, per di ridurre il divario di prezzo tra i prodotti del fast-fashion e quelli provenienti da fonti più virtuose. L’obiettivo è quello di “ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile” attraverso una migliore informazione dei consumatori e il divieto di pubblicità per le aziende e i prodotti coinvolti. “Vendendo questi prodotti a questi prezzi, le aziende fanno profitto, ma sulle spalle del pianeta”, denuncia il ministro.
Ma Bechu va oltre: “Manca ancora qualcosa nel disegno di legge”, afferma, riferendosi in particolare ai “costi di disinquinamento” e alla “raccolta” degli abiti usati. Il Ministro per la Transizione Ecologica annuncia che una consultazione pubblica sull’etichettatura ambientale dei prodotti tessili sarà lanciata “a metà marzo”. L’obiettivo dichiarato è che “entro la fine di aprile avremo qualcosa che potrà essere oggetto di un decreto”. “Se gli operatori del settore approveranno tutto questo”, verrà poi definito un metodo per definire i criteri di etichettatura, spiega all’AFP.
Il governo condurrà poi una campagna pubblicitaria mirata contro il fast fashion, simile alla campagna ‘devendeurs’ dell’Ademe, che aveva suscitato scalpore, perché era rivolta ai negozi fisici. Alla fine dell’anno scorso, questa serie di spot televisivi umoristici dell’agenzia francese per la transizione ecologica, che promuoveva l’idea di ridurre i consumi, aveva suscitato le ire dei commercianti