Può TotalEnergies invocare il diritto di borsa per citare in giudizio una Ong che la accusa di aver sottostimato la propria impronta di carbonio, in questo caso Greenpeace, e in cambio denunciare una “procedura di bavaglio” per metterla a tacere? I tribunali francesi daranno una prima risposta giovedì. Il 29 febbraio, l’Ong ambientalista Greenpeace e la major si sono affrontate nell’aula del tribunale di Parigi nell’ambito di una citazione in giudizio contro TotalEnergies per “diffusione di informazioni fuorvianti” ai mercati. Tuttavia, il dibattito non si è incentrato sul merito del caso, ma sulle richieste di Greenpeace di dichiarare nulla la citazione in giudizio, che l’ha descritta come una “procedura di imbavagliamento” volta a limitare la sua libertà di espressione, facendo leva sulle leggi del mercato azionario invece di intraprendere la consueta strada del procedimento per diffamazione. Giovedì il giudice preliminare potrà pronunciarsi sulle nullità sollevate dall’associazione o rinviare la questione a un collegio di giudici.
Il caso ha avuto inizio con un rapporto pubblicato nel novembre 2022 in cui Greenpeace stimava che le reali emissioni di gas serra di TotalEnergies erano quattro volte superiori a quanto dichiarato dalla multinazionale, aprendo così la strada a un dibattito sui complessi e controversi metodi di contabilizzazione delle emissioni di carbonio. Al momento della pubblicazione, un rappresentante di Greenpeace ha dichiarato che “la responsabilità della compagnia energetica nella crisi climatica è molto più grande di quanto sia disposta ad ammettere”. Senza pretendere una “verità assoluta”, le cifre dovrebbero costituire un “contributo al dibattito”, ha sostenuto l’Ong. Il rapporto stima che la multinazionale sia responsabile di 1,6 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente nel 2019, rispetto ai 455 milioni di tonnellate calcolati dal gruppo. TotalEnergies ha denunciato “una metodologia a dir poco dubbia”.
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