La salute è green: pazienti cardiopatici vivono più a lungo in spazi verdi

Lo studio dei ricercatori dell'Università di Tel Aviv: 12 anni dopo bypass rischio di mortalità inferiore in media del 7%

Vivere in un ambiente verde, ricco di vegetazione, migliora le condizioni di salute dei pazienti cardiopatici e potrebbe allungarne la vita. E’ quanto emerge da uno studio a lungo termine, senza precedenti nel suo genere e nella sua portata, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tel Aviv, che hanno esaminato l’associazione tra un ambiente più verde e il tasso di mortalità dei pazienti coronarici dopo aver subito un intervento di bypass, considerato un evento traumatico sia dal punto di vista fisico sia mentale. Lo studio, condotto su migliaia di pazienti israeliani e seguiti per un periodo di oltre 10 anni, ha rilevato che il tasso di sopravvivenza di quelli operati di bypass cardiaco che vivono in aree più verdi è significativamente maggiore rispetto a quelli che abitano in zone meno green. Lo studio è stato condotto dalla dottoranda Maya Sadeh con il sostegno del Fondo per l’Ambiente e la Salute e della Israel Science Foundation ed è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Epidemiology.

La ricerca, spiega Rachel Dankner del Dipartimento di Epidemiologia e Medicina Preventiva presso la Scuola di Sanità Pubblica della Facoltà di Scienze Mediche e Sanitarie, si basa su un database costruito al Gertner Institute circa 20 anni fa per un’altra ricerca: 3.128 pazienti cardiopatici che hanno subito un intervento di bypass in sette centri medici in Israele, da Haifa a Beer Sheva, tra gli anni 2004-2007. “Utilizzando i dati del ministero degli Affari Interni – spiega – abbiamo scoperto che 1.442 (46%) di loro sono morti per varie cause entro il 2021. In questo studio abbiamo voluto esaminare se e in che misura l’aspettativa di vita dei pazienti cardiopatici dopo l’intervento chirurgico sia associata alla quantità di vegetazione presente nella loro area residenziale”.

Ai fini dello studio, i ricercatori hanno incrociato i dati relativi all’indirizzo di residenza dei pazienti con quelli dei satelliti Landsat della Nasa, che fotografano la Terra e sono in grado di individuare il colore verde con un’altissima risoluzione e in un raggio di 30×30 metri dall’indirizzo di residenza, il che consente di identificare la vegetazione anche nelle aree urbane. I ricercatori hanno lavorato per calcolare con precisione la quantità di verde in un raggio di 300 metri intorno all’indirizzo di ciascuno dei pazienti e hanno confrontato questo dato con le eventuali date di morte, nell’arco di 14 anni dall’intervento. Circa il 90% dei partecipanti alla ricerca viveva in aree urbane, l’80% nella pianura costiera dal centro ad Haifa, il 15% nell’area di Gerusalemme e il 5% nell’area meridionale di Beer Sheva.

I risultati hanno rivelato che nel periodo medio di 12 anni successivo all’operazione, il rischio di mortalità per coloro che vivevano in un ambiente molto verde era inferiore in media del 7% rispetto a coloro che vivevano in un ambiente più urbanizzato. “Abbiamo anche scoperto – spiega l’autrice dello studio – che la relazione benefica è più pronunciata tra le donne, che costituivano il 23% della coorte, ed erano più anziane al momento dell’intervento (69,5 anni in media) rispetto agli uomini (63,8 anni)”. L’ipotesi, dicono gli studiosi, è che “le ragioni siano molteplici: in un ambiente verde si respira un’aria più pulita e si fa più attività fisica, l’atmosfera può essere più tranquilla e la qualità della vita è complessivamente migliore“.