Un impatto ambientale e climatico difficile da calcolare, perché mai considerato e per il quale strumenti giuridici e pratici non sono disponibili, un qualcosa a cui si intende porre rimedio, assieme a tutto il resto. Guerra tra Russia e Ucraina, l’aspetto meno discusso ma non per questo non affrontato, quello delle ricadute sugli eco-sistemi, perdita di specie faunistiche, inquinamento chimico e rifiuti, oltre all’aumento delle emissioni dei gas a effetto serra. Contro tutto questo intende battersi la Commissione europea, assicura il commissario per l’Ambiente, Virginius Sinkevicius, in risposta a un’interrogazione precisa a firma Cesar Luena (S&D) .
L’intero collegio “segue da vicino le conseguenze ambientali e climatiche della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”, e lo fa “in collaborazione con le Nazioni Unite, il governo dell’Ucraina e il Gruppo della Banca Mondiale”. Il lavoro congiunto si spiega nell’assenza di legislazioni in materia e la difficoltà di fare i calcoli. Le autorità ucraine stimano in meno 52 miliardi di euro i danni prodotti tra impatti negativi sull’aria, per l’acqua, al suolo, e inquinamento da rifiuti. Senza contare i costi da sostenere quando, una volta finito il conflitto, si dovranno sminare tutti i terreni sotto cui sono sepolti gli esplosivi. Inoltre, ricorda l’europarlamentare spagnola firmataria dell’interrogazione, uno dei nodi è certamente che i meccanismi internazionali per il monitoraggio delle emissioni di gas serra attualmente non includono attività militari, poiché non tengono conto della considerevole impronta di carbonio degli eserciti. Né esistono regolamenti o meccanismi efficaci per calcolare o limitare l’inquinamento legato alla guerra. L’ Ue intende cambiare tutto questo. Non sarà un compito semplice né rapido , e nel frattempo si sta aiutando per come si può.
“Il Centro comune di ricerca della Commissione – ricorda Sinkevicius – ha fornito supporto sul monitoraggio della radioattività, sulle questioni legate all’acqua e al suolo, sugli incidenti legati all’inquinamento, sulle analisi preventive e post-catastrofe sulla rottura delle dighe e sulla distruzione delle foreste a causa degli incendi”. Un primo passo, su cui dover lavorare nell’auspicio che non serva. Manca un codice internazionale in materia di riparazione ambientale da guerra. Questo perché il tema è troppo nuovo, troppo attuale, per essere previsto nel diritto e nelle convenzioni. Ecco perché, continua il commissario europeo, “il caso dell’Ucraina consente alla comunità globale di comprendere meglio cosa occorre fare per proteggere l’ambiente dai conflitti”. Di fronte alla tragedia della guerra c’è l’occasione di lavorare per far sì che un domani non ci si trovi impreparati. Da qui l’appello alla comunità internazionale, primi fra tutti i partner Onu e Banca mondiale. C’è “la necessità di una legislazione completa sui crimini ambientali, di un continuo sviluppo del diritto internazionale umanitario e di una migliore guida sulla gestione delle situazioni post-conflitto”, insiste il commissario europeo .