“Gli uomini che abitano oggi nelle città, vivono come i panda nelle foreste di bambù, oppure come i koala in quelle di eucalipto. A rischio estinzione. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo piantare alberi dove ora ci sono asfalto e auto”. Lo dice Stefano Mancuso, uno dei maggiori studiosi di botanica e docente presso il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale dell’Università di Firenze, dove ha fondato e dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV). In una intervista a La Stampa spiega perché sia così importante agire sulle città anche se occupano meno del 2 per cento della superfice abitabile di tutto il pianeta: “E’ da lì che arriva la vera aggressione al pianeta. Quel 2 per cento consuma infatti l’80 per cento delle risorse planetarie e causa tra il 70 e l’80 per cento dell’inquinamento globale e dei rifiuti. Un’enormità. E’ stato calcolato che per ridurre l’impronta ecologica delle città, servono sei ettari di terreno per ogni abitante. Questo significa che per azzerare l’impatto delle emissioni prodotte dalla sola città di Roma servirebbe sospendere qualsiasi attività nel Centro-sud d’Italia, oppure per Londra servirebbe una foresta grande come tutta la Gran Bretagna. Abbiamo raggiunto il limite massimo possibile, oltre non si può andare”.