“Dobbiamo investire in qualcosa che oggi non è conveniente ma se non si trova una via italiana o europea per la ghisa rischiamo di trovarci senza materie prime”. Così Fabio Zanardi, presidente di Assofond, la cui assemblea è prevista per venerdì. Poi aggiunge che “le fonderie italiane navigano a vista in un mercato fiacco”. Il 2024 “è partito male. Nel primo trimestre registriamo una produzione in discesa del 10% e un fatturato a -12%. Non ci sono segnali di ripresa, il calo degli ordini va ormai avanti dal 2023: il primo trimestre dell’anno scorso è stato l’ultimo positivo. All’inizio c’erano due fattori determinanti: meno domanda e filiere con stock alti da smaltire. Ma poi l’effetto degli stock è terminato e la domanda è continuata a essere veramente bassa”, spiega nell’intervista a La Stampa. Poi aggiunge: “Sul fronte dell’energia registriamo ancora un forte gap di prezzo fra l’Italia e il resto d’Europa, molto penalizzante in termini di competitività. E siamo sempre in attesa delle misure promesse per ridare competitività all’industria: i decreti attuativi di Transizione 5.0, oltre che di Electricity e gas release. L’auspicio è che queste misure arrivino presto e che, insieme all’atteso taglio dei tassi, possano contribuire a riattivare gli investimenti. Poi ci sono le questioni geopolitiche”.
Zanardi poi affronta il problema dell’ex Ilva: “Il quadro sulle materie prime e soprattutto per la ghisa, è complesso perché di difficile reperibilità dovuta sia, appunto, alle complicazioni geopolitiche sia alla transizione ecologica. La ghisa in pani è un prodotto da altoforno. Vedremo bene una produzione italiana e l’ex Ilva potrebbe darci una mano ma c’è un problema. E ancora: “Lo scenario ideale, e auspicabile, è l’uso di tecnologie innovative che consentano la produzione abbattendo le emissioni e garantendo un’alta qualità. Le tecnologie ci sono, prima si potrebbe pensare a una produzione italiana di acciaio con gas e non attraverso il carbone. E poi utilizzando l’idrogeno”. Ma “finché non ci sono strette importanti a livello ambientale nel mondo, è una produzione economicamente svantaggiosa. Il rischio, però, è trovarci senza materia prima, quindi dobbiamo muoverci con largo anticipo e garantire così stabilità a tutte le filiere che serviamo”.