Termina effetto Superbonus, non quello Bce: attività edile Italia ai minimi da 2 anni

Mentre l'onda lunga dei cantieri legati al Pnrr fatica a tradursi in Pil, il risultato è che si sta intensificando la contrazione del settore

L’effetto Superbonus è terminato, mentre l’onda lunga dei cantieri legati al Pnrr fatica a tradursi in Pil. Il risultato è che si sta intensificando la contrazione del settore edile italiano. Le aziende hanno ridotto la loro attività in linea con il debole afflusso dei nuovi ordini con entrambi gli indicatori in calo ai tassi più rapidi in quasi due anni. A luglio, le aziende hanno evidentemente protetto i loro flussi di cassa riducendo la loro attività di acquisto al tasso più rapido in 18 mesi con un ritorno dei tagli del personale anche se ad un tasso leggero. Anche la maggiore pressione sui costi ha probabilmente scoraggiato le aziende ad acquistare altro materiale. Nel dettaglio l’Indice Pmi Settore Edile Italiano (Purchasing Managers’ Index), che misura le variazioni su base mensile dell’attività totale del settore, ad inizio della seconda metà dell’anno è scivolato ulteriormente in territorio di contrazione. L’indice principale ha mostrato la riduzione maggiore osservata in quasi due anni, raggiungendo a luglio 45.0 da 46.0.

La contrazione del settore edile italiano è stata generale e ha colpito tutti i sottosettori monitorati, con quello dell’edilizia residenziale che però ha subito il colpo maggiore, con il livello di attività in calo al livello più veloce osservato dal picco della pandemia. Anche il sottosettore dell’edilizia non residenziale e dell’ingegneria civile versano in pessime condizioni. Il primo, dopo due mesi di crescita marginale, è adesso ritornato a contrarsi mentre il secondo ha osservato una contrazione mensile consecutiva di cinque mesi”, commenta Jonas Feldhusen, economista junior presso Hamburg Commercial Bank, che aggiunge: “Dopo la fine dello schema del superbonus la situazione del settore edile italiano è critica. Se anticipiamo nuovi tagli dei tassi di interesse da parte della Bce a settembre, che naturalmente offriranno beneficio al settore edile, non è certo che questa decisione provvederà un incentivo significativo. Prevediamo quindi, un allungamento del periodo di contrazione del settore edile”. Una contrazione figlia anche dei tassi d’interesse portati al massimo di 20 anni da parte della Bce, come emerge dai numeri sull’immobiliare diffusi ieri dall’Istat.

Nel 2023 il mercato immobiliare, con 933.919 convenzioni notarili di compravendita, registra un andamento in ribasso rispetto all’anno precedente (-8,1%). La flessione interessa il settore abitativo (-8,9%), con variazioni negative superiori alla media nazionale al Centro (-11,6%) e nel Nord-ovest (-11,3%); più lieve il calo nel Nord-est (-8,4%) e al Sud (-6,2%), mentre le Isole rimangono sostanzialmente stabili (+0,4%). Il settore economico cresce complessivamente del 6,8%, trainato dal Nord-est (+12,0%); l’espansione è più moderata nelle altre aree territoriali: +7,2% Isole, +6,2% Sud, +5,8% Nord-ovest e +2,9% Centro“, sottolineava l’istituto di statistica. E “le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare (308.910 nell’anno 2023) sono in calo del 27,1% rispetto al 2022. La diminuzione interessa soprattutto il Nord-ovest (-30,0%) e il Centro (-29,2%), seguiti da Nord-est (-24,8%) Sud (-23,8%) e Isole (-20,1%)“, concludeva Istat.

La crisi del mattone non è solo italiana. Anzi. Proprio per l’effetto Bce, l’indice Pmi costruzioni dell’Eurozona ha registrato 41,4 a luglio, in leggero calo rispetto a 41,8 di giugno. Gli ultimi dati indicavano un forte calo della produzione totale all’inizio della seconda metà dell’anno. Il calo dell’attività è stato determinato da contrazioni generalizzate nelle tre economie monitorate, guidate dal calo più forte registrato in Francia da gennaio. In generale, il tasso di diminuzione della produzione ha leggermente accelerato nell’intera area euro, raggiungendo il valore più forte in sei mesi, e ha continuato a essere guidato da sostanziali contrazioni nell’attività immobiliare, che è stata ancora una volta quella con la performance peggiore tra i tre segmenti monitorati. La flessione è stata guidata dalle deboli condizioni della domanda, evidenziate da un forte calo dei nuovi ordini. Il calo dei nuovi ordini ha innescato un’ulteriore ondata di tagli occupazionali, poiché l’occupazione è scesa a un ritmo leggermente più marcato. Il ridimensionamento e il taglio dei costi si sono riflessi anche in una forte contrazione nell’acquisto dei fattori produttivi e in marcate riduzioni del ricorso ai subappaltatori. In definitiva, il settore immobiliare ha continuato a pesare pesantemente sulla produzione totale ed è stato il settore con la performance peggiore, registrando la riduzione più marcata da aprile 2020.