“Come nei più catastrofici film, e nei classici incubi statunitensi, le fiamme divorano migliaia di ettari attorno a Los Angeles e attaccano Malibù, Palisades, Pasadena e Altadena. I vigili del fuoco non riescono in alcun modo a contenere le fiamme”. Lo scrive su la Stampa il geologo e divulgatore Mario Tozzi. “Mentre il tasso di contenimento delle fiamme è prossimo allo 0 per cento, ci si interroga sulle cause: in tempi moderni quasi mai boschi e praterie prendono fuoco per autocombustione, e difficilmente in inverno. Quasi sempre l’origine è dolosa, vuoi per disegno criminale, vuoi per incuria o disattenzione. Ma forse il punto reale è perché gli incendi stanno periodicamente flagellando regioni così diverse del globo con una frequenza sconosciuta in passato?”, si interroga Tozzi. “Il forte vento secco e caldo che spira da giorni e che, anzi, si sta irrobustendo. In particolare, la velocità di quelle raffiche, che si stima raggiungerà in queste ore i 160 km/h, avendo abbondantemente già spirato a circa 130 km/h (dati Nws, National Weather System)”, è una delle cause. E poi: “Venti anomali che diventano più frequenti, esattamente come la siccità, causa non meno importante degli incendi e non meno legata alla crisi climatica nell’innesco e nella propagazione delle fiamme. La California è disseccata da mesi di gran caldo: nonostante siamo in pieno inverno le temperature non scendono sotto i 10°C e arrivano quotidianamente oltre i 20°C. E non piove. Dalla primavera a fine anno si sono registrati solo due giorni di pioggia, per sei millimetri di precipitazioni (Nws) complessive, una quantità irrisoria. Questo significa che le falde idriche si abbassano e il sottosuolo e il suolo diventano più secchi. Di conseguenza foreste, boschi, arbusti e praterie si ingialliscono e si seccano, diventando bersaglio di elezione delle fiamme”.