Trump firma l’ordinanza: dazi al 15% all’Ue. Borse giù in Europa. Corsa all’ultimo negoziato

Il presidente degli Stati Uniti impone tariffe elevate a Canada, Svizzera (39%), Sudafrica (30%) e Serbia (35%). Ma è la Siria a pagare di più con il 41%

L’annuncio ufficiale dei nuovi dazi statunitensi ha mandato in rosso i mercati azionari globali, nonostante il loro rinvio al 7 agosto abbia spinto diversi paesi a negoziare con Donald Trump fino all’ultimo minuto per evitare sovrapprezzi eccessivi. Cercando di “ristrutturare il commercio globale a beneficio dei lavoratori americani” attraverso dazi che vanno dal 10% al 41% nei confronti di circa 70 partner commerciali, Washington sta nuovamente gettando l’economia globale in una grande incertezza. Mentre alcuni paesi asiatici accolgono con favore gli accordi raggiunti, altri, come la Svizzera, sono ancora scossi da queste nuove barriere commerciali, a volte proibitive. I mercati finanziari hanno reagito negativamente a questo nuovo sviluppo venerdì. I mercati europei hanno chiuso in netto calo, con Parigi, ad esempio, in calo del 2,91%. Wall Street ha seguito l’esempio, con l’S&P 500 in calo dell’1,33% e il Nasdaq in calo dell’1,76% intorno alle 18. Trump ha firmato ieri sera il decreto che fissa l’importo dei nuovi dazi doganali che colpiranno i prodotti di decine di Paesi: queste tasse sulle importazioni entreranno in vigore il 7 agosto, e non il 1 agosto come inizialmente previsto, per consentire alle dogane di organizzarsi per la riscossione, ha detto alla stampa un responsabile della Casa Bianca.

Tuttavia, questo rinvio offre una finestra per i colloqui finali, secondo diversi paesi. Il Sudafrica è impegnato in “intensi negoziati”, ha dichiarato il suo presidente, Cyril Ramaphosa, di fronte alla tariffa del 30% imposto da Washington, che, secondo la banca centrale del paese, minaccia 100.000 posti di lavoro. Taiwan, con la sua industria di chip elettronici, è colpita da una sovrattassa del 20%, ma “si impegnerà a ottenere un livello ragionevole di dazi doganali”, ha dichiarato il suo presidente Lai Ching-te.

Intanto, le borse asiatiche hanno registrato un calo dopo l’annuncio dei dazi supplementari. Secondo gli esperti, questi ultimi rischiano di frenare gli scambi, aumentare i costi per le imprese e i prezzi per i consumatori e provocare un rallentamento dell’economia mondiale. “Non c’è dubbio: il decreto e gli accordi commerciali conclusi negli ultimi mesi rompono con le regole che hanno regolato il commercio internazionale dal secondo dopoguerra”, ha commentato Wendy Cutler, vice presidente dell’Asia Society Policy Institute. Per alcuni paesi non è una sorpresa. Il sovrattassa indicata nel decreto è quella ottenuta dopo mesi di negoziati con Washington, che ha cercato di ottenere il maggior numero possibile di concessioni senza subire ritorsioni sulle esportazioni americane. L’Unione europea, il Giappone e la Corea del Sud vedranno così i loro prodotti tassati al 15%, mentre il Regno Unito al 10%. L’Ue ha anche ottenuto un’esenzione per settori chiave.

Per altri, invece, sarà una doccia fredda, come per la Svizzera, che si becca un’imposta aggiuntiva del 39%, molto più di quanto le era stato promesso in aprile (31%). Il suo governo, nonostante il “grande rammarico”, “aspira ancora a trovare una soluzione negoziata”. Il Canada vedrà i dazi doganali applicati ai suoi prodotti passare dal 25% al 35%, a meno che non siano coperti dall’accordo di libero scambio tra i tre paesi del Nord America. Il Canada non è stato in grado di cooperare per ridurre il flusso di fentanil e altre droghe che entrano negli Stati Uniti, secondo la Casa Bianca, che accusa anche Ottawa di aver “adottato misure di ritorsione contro gli Stati Uniti”.

Le tariffe più elevate, però, riguardano la Siria (41%), seguita dal Laos (40%). Diverse economie asiatiche, dipendenti dal mercato americano, hanno espresso venerdì la loro soddisfazione per il fatto che le loro esportazioni saranno colpite da un dazio inferiore a quello inizialmente brandito dall’esecutivo americano. È il caso della Thailandia, con il 19% contro il 36% iniziale, che ha salutato un “successo importante”. O ancora della Cambogia (anch’essa con il 19% contro il 49% iniziale), che ha parlato della “migliore notizia possibile”. Tra i numerosi annunci delle ultime ore negli Stati Uniti, un Paese è sfuggito alla furia doganale di Donald Trump. Il Messico ha ottenuto una proroga di 90 giorni prima di un possibile aumento dei dazi doganali. L’esecutivo americano ha invece punito il Brasile all’inizio della settimana. I prodotti brasiliani (salvo eccezioni) saranno soggetti a un dazio doganale del 50% all’ingresso negli Stati Uniti. Donald Trump si assume la responsabilità di agire in rappresaglia contro le azioni legali contro l’ex presidente Jair Bolsonaro, suo alleato di estrema destra, accusato di aver tentato un colpo di Stato dopo la sua sconfitta alle elezioni del 2022.