“Il primo intervento necessario è una ristrutturazione di tutti i debiti diventati insostenibili, che includa il settore privato, i creditori ufficiali del Club di Parigi e i Paesi che non ne fanno parte, come India e Cina. Altrimenti i Paesi debitori verranno schiacciati, e i morti non pagano. Ma non basta”. Lo dice Martin Guzmán, ex ministro argentino dell’Economia, allievo del premio Nobel Joseph Stiglitz e professore di Economia alla Columbia University. In una intervista a La Repubblica aggiunge: “Così i Paesi più poveri non sono in grado di affrontare la transizione climatica, e si creeranno maggiori disuguaglianze. È una questione talmente importante che deve essere affrontata in modo globale, con una nuova istituzione ad hoc, una Banca di Sviluppo che si sostenga con diritti speciali di prelievo. E poi vanno riviste le politiche dei prestiti, con maggiore attenzione anche ai creditori. Molto spesso il governo di turno chiede prestiti per i propri interessi, e non per il bene del Paese”. Guzman spiega: “Ci sono stati una serie di shock nell’economia internazionale. Prima la crisi del 2008: la risposta del governo Usa e della Bce è stata quella di creare molta liquidità, e questo ha incoraggiato anche i Paesi che non avrebbero avuto accesso ai prestiti di emettere titoli del debito pubblico. Siccome erano a rischio, i tassi d’interesse erano più alti di quelli di mercato. Solo che poi con la pandemia e con la guerra in Ucraina è esplosa l’inflazione, per contenerla le banche mondiali hanno alzato i tassi d’interesse, e le politiche nei confronti dei Paesi di sviluppo sono diventate restrittive al punto che adesso non riescono più a rifinanziare i loro debiti”.