“Le economie africane sono già ostaggio del rapporto, sbilanciato, fra la quota minima di emissioni prodotte e le ricadute estreme del climate change. Se ci si allarga alle risorse naturali che abbondano sotto (e sopra) il suo suolo, il bilancio è anche più critico. Il Continente deve oltre il 60% del suo Pil ai servizi forniti dalla natura e il 70% del sostentamento a foreste e aree boschive: lo stesso patrimonio che si sta degradando, erodendo una quota decisiva di entrate e degenerando in una crisi che tocca sia l’economia reale che il nerbo del suo sistema finanziario, le banche”. Lo scrive Il Sole 24 Ore riportando i risultati di un rapporto della società di consulenza McKinsey Sustainability e Fsd Africa, un’agenzia di sviluppo finanziata dal governo britannico, sui sistemi bancari di cinque Paesi: Ghana, Mauritius, Marocco, Rwanda e Zambia. Si legge ancora: “I fattori chiave di minaccia alla tenuta economica e finanziaria dei Paesi sono ricompresi in 11 macro-tendenze, dalla deforestazione alla scarsità di risorse idriche, a propria volta applicati su tre metriche e tre scenari diversi. Le metriche sono le perdite di profitto dei settori economici, le perdite di profitto rapportate al sistema bancario e le ‘perdite creditizie’: le perdite inflitte al sistema bancario dalle variazioni nel valore dei prestiti ai vari settori economici. Gli scenari sono il mantenimento delle politiche attuali, una transizione ‘disordinata’ od ‘ordinata’ agli obiettivi tracciati dal Gbf: in quella disordinata la spinta al cambiamento di decisori e consumatori si scontra con i ritardi delle imprese, in quella ordinata anche le imprese adottano «misure significative» per ridurre l’impatto ambientale”.