“Quello che sta accadendo avrà conseguenze molto serie, ma non me la sento di parlare di crisi bancaria. Vedo due differenze sostanziali rispetto a quella del 2008: una economica e una politica”. Così Ian Bremmer, esperto di rischi internazionali. In una intervista al Corriere della Sera continua: “Sarà dura venirne fuori, ma non come nel 2008. Abbiamo imparato la lezione del fallimento della Lehman Brothers: sono state fatte riforme finanziarie vere e oggi i grandi istituti di credito sono molto più solidi. In Europa e anche negli Stati Uniti. I guai vengono da casi di cattiva gestione, come per Credit Suisse, o dall’esclusione delle banche statunitensi piccole e medie da quella regolamentazione: problemi seri ma non sistemici. Politicamente, poi…”. L’errore secondo Bremmer è “aver tenuto per troppo tempo a zero il costo del denaro: adesso è facile dirlo. Ed è anche difficile uscirne. A furia di litigare, la politica ha finito per delegare le decisioni politiche alle autorità tecniche. Ma politici e tecnici, leader eletti, Fed e Bce, sono uniti da una comune incertezza: non sanno quanto è profonda la crisi e fino a che punto ci si può spingere con i salvataggi. Di certo nessuno pensa che sia finita qui. Situazione angosciosa soprattutto per i politici: dovranno accettare una recessione per combattere l’impennata dei prezzi e di strumenti per sostenere l’economia ne sono rimasti pochi dopo tutto quello che è stato speso nel periodo della pandemia. Qui negli Usa sarà tempo di vacche magre almeno fino alle presidenziali del prossimo anno”.