“Un punto di non ritorno è una situazione all’interno di un sistema in cui la tendenza all’accelerazione diventa così forte da sopraffare qualsiasi freno”. Questa è la definizione di «tipping point» per Tim Lenton, geografo dell’università di Exeter e padre del concetto di ‘punto di non ritorno’ in tutti quei sistemi terrestri, dalla foresta amazzonica alla corrente del Golfo, dai ghiacciai al permafrost, che si stanno avvicinando al collasso irreversibile. In un colloquio con il Corriere L’Economia spiega: “A fine anni Novanta e inizio Duemila i rapporti dell’Ipcc usavano un linguaggio arcano in relazione ai cambiamenti climatici improvvisi. Si parlava di discontinuità su larga scala nel sistema climatico, che probabilmente non significa molto per nessuno, se non per uno specialista. Invece il concetto di punto di non ritorno può essere intuitivo: ad esempio quando un bambino si appoggia allo schienale della sedia dondolandosi sulle sue gambe posteriori, esplora un punto di svolta, in cui una piccola spinta può fare una grande differenza. In un attimo si può finire schiantati a terra o ritornare verticali”. E ancora: “Anche nei sistemi terrestri il cambiamento può essere auto-propulsivo e in tal caso diventa difficile invertire la marcia. Quando ho cominciato a studiare questi processi si pensava che i punti di non ritorno fossero ancora lontani, ma analizzandoli più a fondo abbiamo scoperto che sono, in media, più vicini di quanto credevamo. I crolli della calotta glaciale nell’Antartide occidentale sono un esempio classico, ma anche per altri, come il sistema della corrente del Golfo, vale lo stesso discorso. Questo è successo negli ultimi 15 anni, con l’arrivo di nuove prove dai sistemi di monitoraggio. In pratica, più elementi si raccolgono e più si scopre che i rischi sono imminenti”.
Lenton fa una previsione: “Più che il riscaldamento, sarà l’acqua a crearci più problemi. Stranamente, se si destabilizza la calotta glaciale, ad esempio in Groenlandia, l’innalzamento del livello del mare sarà maggiore all’altro polo, in Antartide, dove avrà un forte impatto sulla calotta glaciale antartica. Se l’immissione di acqua fredda invertisse poi la circolazione atlantica, s’invertirebbero anche i monsoni in Africa occidentale e in India, e sarebbe una catastrofe. Questi sono i veri casi di punti di non ritorno a cascata, che in realtà sono molto più plausibili del riscaldamento incontrollato”. Poi dice: “Sto cercando di mettere a frutto a favore del clima le competenze e gli strumenti che ho sviluppato. Per questa ragione ho intrapreso un viaggio scientifico, cercando di trovare le prove, così come i meccanismi, di un cambiamento auto-propulsivo verso zero emissioni di gas serra. Ci è voluto un po’ di lavoro, in particolare sugli esempi empirici nei principali settori dell’economia, per convincermi che questa teoria fosse credibile”. E infine: “È ovvio che non stiamo agendo abbastanza rapidamente a difesa del clima, ma ci sono forti progressi nella giusta direzione, devono solo procedere più velocemente di un ordine di grandezza. Questo secolo ha già visto cali spettacolari nei costi delle tecnologie energetiche verdi. Si può dire che il solare, l’eolico e le batterie abbiano già superato il punto di svolta e siano bene avviati verso un’accelerazione esponenziale”.