“I dazi Usa verso il resto del mondo stanno ridisegnando la geografia degli scambi globali, in particolare quelli con l’Europa. Il nuovo regime tra le due sponde dell’Atlantico ha acquistato connotazioni abbastanza definite: tariffe azzerate sugli acquisti Ue di prodotti industriali Usa; dazi al 15% su gran parte dell’import Usa dalla Ue (compresi auto, farmaci non generici, semiconduttori); tariffe Usa nulle o quasi su altri prodotti Ue in settori strategici (aerei, farmaci generici, alcune risorse naturali); restano i dazi al 50% su acciaio e alluminio”. E’ quanto si legge nel Rapporto di previsione per l’Autunno 2025 ‘Investimenti per muovere l’Italia’, del Centro studi di Confindustria. “L’accordo include impegni da parte europea di esito incerto, perché investono ambiti di competenza delle autorità nazionali e anche delle imprese private: acquisto dagli Stati Uniti di beni energetici, chip IA e attrezzature militari; investimenti diretti in settori strategici Usa – prosegue l’analisi -. Questi dazi, insieme all’euro forte sul dollaro (che essi stessi hanno determinato), penalizzano molto la competitività di prezzo dei beni europei negli Usa, soprattutto rispetto alle produzioni domestiche americane, e anche nel resto del mondo. Dopo il frontloading pre-dazi, l’import Usa dalla Ue è caduto del -8,7% annuo in giugno-luglio; quello dalla Cina del -39,9% (in linea con il peso delle entrate tariffarie per paese di origine). Nel lungo periodo, è forte l’incentivo a rilocalizzare alcune produzioni nel mercato Usa: il rischio per l’industria europea è quello di perdere parti vitali del tessuto produttivo”.