“La Cina ha mostrato disponibilità: ha annunciato un programma fiscale orientato ai consumi, e ha una leva significativa sulle terre rare. Tra due imperi, un’intesa è più semplice. L’Europa è tutta un’altra storia”. Così Carlo Altomonte, docente di Economia Europea alla Bocconi, che in una intervista con la Stampa sostiene che sarà proprio l’accordo con Bruxelles “il più difficile da negoziare”. Altomonte spiega ancora che “l’Ue dovrebbe cambiare modello: più investimenti interni, meno esportazioni. Ma farlo richiede il consenso di 27 Stati. Gli Stati Uniti lo sanno. Come ha detto il segretario al Commercio Howard Lutnick: ‘Non possiamo parlare con 27 persone’. E infatti non vogliono tanto un accordo commerciale, quanto un riequilibrio macroeconomico europeo. Ma l’Europa, a differenza della Cina, non ha un interlocutore unico né strumenti di pressione reciproca da mettere sul tavolo”. Bruxelles dovrebbe “impegnarsi sugli investimenti nella difesa comune. Sarebbe un segnale rilevante per Washington: meno dipendenza militare dagli Stati Uniti e un’Europa più capace di investire su se stessa. Questo potrebbe essere il primo punto di convergenza tra i modelli di sviluppo delle due sponde dell’Atlantico”. Quanto agli acquisti di gas naturale, “nel breve periodo può essere un dolcificante dell’accordo. Ma nel lungo periodo non cambia gli equilibri macro. La domanda vera è: come possono gli Stati Uniti importare meno? E come può l’Europa smettere di esportare oltre 300 miliardi di euro l’anno verso gli Usa, compresi i capitali? Serve un nuovo equilibrio”.