“Il nostro auspicio è che, al di là dei proclami, Trump tenga conto delle ricadute che l’introduzione dei dazi può avere per le famiglie americane, soprattutto se si va a colpire l’agroalimentare”. Così Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia. “Confidiamo che alla fine il buonsenso prevalga. Abbiamo già visto che ci sono stati annunci e poi retromarce. Colpire l’agroalimentare con i dazi determinerebbe un aumento dell’inflazione e una conseguente riduzione del potere di acquisto degli americani, inoltre l’aumento dell’inflazione impedirebbe alla Fed di tagliare i tassi d’interesse. E con un dollaro forte si favorirebbero le esportazioni da altri Paesi, ottenendo esattamente l’opposto di quello che Trump vorrebbe”, sottolinea nell’intervista a Il Corriere della Sera. E ancora: “Secondo le stime di Filiera Italia e Coldiretti un dazio del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy negli Usa potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più con un costo per le singole filiere che sarebbe di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi. Ricordo che parliamo di un export verso gli Usa che ha un valore complessivo di 7,8 miliardi”. Scordamaglia poi conclude: “Chiediamo la fine dell’escalation commerciale. I dazi rappresentano una minaccia per gli agricoltori di entrambe le sponde dell’Atlantico. I farmers, che sono quelli che più hanno votato per Trump, stanno già subendo i contraccolpi delle tariffe contro la Cina. Pechino ha già tagliato le importazioni di prodotti agroalimentari americani”.