Difesa, ministro spagnolo Cuerpo: Sulle spese militari ogni Paese è sovrano

Carlos Cuerpo, 44 anni, è il ministro dell’Economia spagnolo e la sua ricetta per la crescita non passa per forza dall’industria della difesa. Come riporta Repubblica, Madrid infatti ha scelto di non aderire all’impegno dei membri europei della Nato che prevede di portare la spesa per la difesa al 5% del Pil. “A giugno la Nato ha fatto la sua valutazione sugli investimenti necessari per affrontare le nuove minacce e poi ha indicato a ciascuno Stato membro quanto investire. La Spagna seguirà queste indicazioni, farà la sua parte. Ma abbiamo calcolato che servirà il 2,1% del nostro Pil. La decisione su quale percentuale assegnare alla difesa e alla sicurezza rientra nei poteri sovrani di ciascun paese e noi, come tutti gli altri, dobbiamo ovviamente tenere conto anche di altre priorità di bilancio: la spesa sociale, come ridurre le disuguaglianze, come promuovere gli investimenti. Ma siamo un partner affidabile della Nato e manterremo i nostri impegni”, spiega al quotidiano romano. “Siamo tutti consapevoli che dobbiamo intensificare i nostri sforzi e che questo può dare effetti positivi anche in termini di crescita; specie se riusciamo a sviluppare l’industria della difesa in Europa, le cui innovazioni spesso possono essere utili anche per applicazioni civili. Non solo la Spagna partecipa allo sforzo comune, ma ha anche proposto che così come il Next Generation Ue ha permesso trasferimenti verso i paesi più colpiti, come il nostro e l’Italia, allo stesso modo nel settore della sicurezza la solidarietà europea possa portare a trasferimenti verso i paesi al confine orientale dell’Ue”. E ancora: “Di fronte a pandemia e crisi sulla sicurezza abbiamo saputo rispondere, ma sulla competitività siamo lenti. Serve uscire dalla doppia impasse di una narrativa pessimistica e di una paralisi decisionale. Al mondo bisogna dare un messaggio chiaro: l’Europa è aperta agli affari adesso. E serve un approccio che parta dal basso per arrivare in alto: diamo subito, entro sei mesi, alcuni strumenti alle imprese perché possano davvero lavorare a livello europeo. Se si sentiranno tali, la politica seguirà”.