“Gli investimenti in impianti rinnovabili sono capital intensive e quindi sono sensibili al costo del denaro, che in Italia è il più alto d’Europa , quasi il doppio che in Spagna. Ad uno spread di 1,55 % si deve aggiungere lo spread dovuto all’incertezza normativa e alla burocrazia italiana che è ulteriormente cresciuto dopo l’approvazione del decreto Agricoltura. Un decreto che aumenta i costi perché spinge a realizzare impianti agrivoltaici sospesi da 2 metri da terra, più costosi da realizzare e la cui manutenzione è più onerosa”. Lo dice Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. In una intervista a Il Sole 24 Ore aggiunge: “È un differenziale ulteriore: se devo realizzare un impianto rinnovabile all’estero, per garantire un ritorno adeguato, è necessario assicurarsi un rendimento, attraverso i contratti di vendita dell’energia elettrica, del 6,5-7per cento. Nel caso dell’Italia questo rendimento deve essere almeno dell’8% per tenere conto della maggiore incertezza e dei costi burocratici. In sostanza, è come se pagassimo due volte lo spread, con un costo aggiuntivo di almeno 255 punti base”. Re Rebaudengo spiega ancora: “Abbiamo atteso per oltre due anni il decreto Aree Idonee – aggiunge – ma con la versione finale approvata nei giorni scorsi ciò che abbiamo ottenuto è che le aree idonee diventino inidonee: il limite di rispetto da ogni tipologia di bene tutelata o di pregio che le regioni hanno facoltà di applicare è stato esteso fino a 7 chilometri. In un paese come il nostro, dove anche una piccola chiesetta diroccata, un muretto particolare, possono essere tutelati, nei fatti, con una simile fascia di rispetto c’è il forte rischio di avere poche aree idonee”.