“Di transizione energetica si parla sempre meno. L’attenzione della politica italiana e europea si è diretta altrove. La buona notizia è che gli ultimi dati mostrano che l’Unione europea raggiungerà con ogni probabilità l’obbiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030. La cattiva, è che Bruxelles, in risposta alle pressioni degli Stati membri dell’Unione, sta considerando opzioni per diluire le politiche verdi”. Lo scrive l’economista Lucrezia Reichlin in un suo intervento sul Corriere della Sera. “L’argomento in sostegno di queste pressioni è che i grandi inquinatori sono i Paesi emergenti e, in particolare, la Cina – si legge -. Ne consegue, si sostiene, che darsi regole troppo strette non risolve il problema del cambiamento climatico e allo stesso tempo indebolisce la competitività dell’industria europea. Tanto più che gli Stati Uniti stanno smantellando tutte le politiche verdi e conducendo una battaglia culturale all’insegna del ‘drill, baby drill'”. E ancora: “Il problema con questa logica è che, per l’Europa, che dipende dalle importazioni di gas e petrolio, la strategia verde è fondamentale per raggiungere l’indipendenza energetica. Per questo, la pressione su Bruxelles non dovrebbe essere volta ad ottenere un rilassamento di obbiettivi e regole, ma dovrebbe invece esercitare pressione affinché si sviluppino strumenti collettivi per promuovere investimenti in rinnovabili, che sostengano la innovazione e la produzione e commercializzazione a scala delle tecnologie verdi”.