“Dalla seconda metà del 2021 i prezzi dell’energia, delle materie prime e dei beni intermedi sono fortemente aumentati, sospinti inizialmente dalla rapida ripresa della domanda globale e, in seguito, dall’insorgere del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022. In base ai dati dell’Istat, nello scorso luglio i prezzi degli input energetici (importati o prodotti in Italia) erano saliti nella media nazionale di oltre il 190 per cento rispetto al dicembre 2020; per gli altri input di importazione il rialzo è stato di circa il 25 per cento inclusi i costi di trasporto”. Lo scrive Bankitalia nel rapporto ‘L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali’.
“Su questi risultati ha influito in misura significativa il rialzo dei costi della raffinazione del petrolio, un comparto caratterizzato da un intenso utilizzo di input energetici principalmente a scopo di trasformazione, la cui produzione è rilevante soprattutto in Liguria, Sicilia e Sardegna. Al netto di tale settore, l’incremento dei costi di produzione si è collocato al 7,0 per cento; è stato considerevole nel Nord dove è più alto il peso dell’industria manifatturiera. Quest’ultima – conclude Bankitalia – ha risentito maggiormente dei rincari sia per l’elevata dipendenza diretta da input provenienti dall’estero, sia per il notevole fabbisogno energetico. Per le costruzioni e i servizi gli effetti sono stati invece più contenuti e in prevalenza di tipo indiretto”.