“Molto dipenderà da come reagiranno la Russia e la Cina nel prossimo futuro, attori molto coinvolti in Medio Oriente in un modo o nell’altro. Ma penso che oltre alle reazioni esterne a questo attacco dovremmo occuparci delle divisioni interne che stanno lacerando questo Paese ormai da tanto tempo. È come se ci fossero due blocchi nella società israeliana, oggi, e questo scontro a lungo termine sarà molto dannoso per Israele. E comunque la si guardi, più forte è lo scontro, più debole diventa Israele. In questo vedo un serio problema di tenuta per il futuro del Paese”. Lo dice Efraim Halevy, 90 anni, 40 passati nel Mossad, i servizi segreti israeliani di cui è stato il capo dal 1998 al 2002. A La Stampa aggiunge anche: “Penso che il rapporto tra Israele e gli Stati Uniti sia stretto come mai. Perché non è solo Israele a beneficiare degli Stati Uniti ma gli Stati Uniti a beneficiare di Israele. Penso che Israele abbia avuto un ruolo molto, molto importante nel sostenere gli interessi americani in questa regione, e qualche anno fa, con gli Accordi di Abramo abbiamo provato anche noi a trarre i nostri vantaggi. Gli Stati Uniti sono stati una sorta di accompagnatore, con Trump alla Casa Bianca promotore. Lui ci considera una risorsa per gli Stati Uniti, un avamposto”. E ancora: “Penso che Netanyahu abbia attaccato l’Iran ora per due motivi. Il primo per aiutare gli Stati Uniti, più che per esserne aiutato. È importante per Israele stabilire e mantenere una relazione che garantisca la nostra capacità di ricevere l’equipaggiamento di cui abbiamo bisogno e che mostri al principale alleato che stiamo agendo anche nel suo interesse. Il secondo ha a che fare con i rapporti presenti e futuri con la Cina. I cinesi sono già qui, sono nel Mediterraneo, agiscono in molti modi, a volte con discrezione a volte meno, a volte cercano di dare un’immagine non imperialista, a volte non riescono. Probabilmente Netanyahu voleva dare un messaggio anche alla Cina. Perciò, e qui le rispondo piuùda ex diplomatico che da ex capo del Mossad, credo che questi due aspetti siano stati determinanti nella volontà di attaccare l’Iran ora, agendo su una situazione già favorevole in cui i suoi proxies sono molto, molto indeboliti”.