In base alle ultime direttive della Ue, entro il 2030 dovranno essere ripristinati in ‘buono stato di salute ‘ il 30% (almeno) degli habitat che non sono in buono stato, siano essi marini, costieri, idrici o terrestri. “Due delle cause che hanno portato al fallimento dei precedenti piani di conservazione della natura sono state la definizione di obiettivi non sempre chiari e la mancanza di sistemi di monitoraggio per dimostrare il livello di raggiungimento degli obiettivi nei singoli Paesi”, dice Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’Area per conservazione della biodiversità terrestre di Ispra. “Per la Nature Restoration Law e per l’Accordo delle Nazioni Unite per la Biodiversità (Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework), fin dall’inizio, abbiamo lavorato su documenti che definissero per ogni obiettivo indicatori scientificamente solidi e sistemi di monitoraggio efficaci: il loro sviluppo sarà al centro delle discussioni della prossima Cop16 di Cali, in Colombia, e dei gruppi di esperti dei Paesi Ue che lavorano per l’attuazione della Nature Restoration Law”, aggiunge nel dialogo con Il Sole 24 Ore.