“Nonostante il monopolio cinese abbia rallentato la ricerca nel resto del mondo, in Europa si lavora per ottimizzare i processi di produzione delle terre rare minimizzando gli impatti e gli scarti. In Italia una parte del Pnrrr è stata destinata a questo obiettivo”. Così Andrea Dini, direttore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr. Nel colloquio con il Corriere della Sera aggiunge che a differenza di quanto si pensa, le terre rare non sono né terre né rare: “Sono 15 metalli, tra cui neodimio e lantanio, piuttosto diffusi sulla crosta terrestre: rari sono i giacimenti dove questi elementi si trovano in concentrazioni tali da rendere economico il processo di estrazione”. Dini spiega ancora: “Oltre a intensificare il riciclo, che però si stima soddisferà appena il 10% delle richieste di mercato da qui al 2050, è necessario studiare leghe diverse e nuovi materiali che richiedono minori quantità di terre rare. Al Cnr abbiamo un gruppo di lavoro focalizzato proprio su questo”.