“L’Italia spaccata in due da un chiodo apre una riflessione sul sistema ferroviario italiano che è e rimane un esempio a livello globale per quanto riguarda la liberalizzazione dell’alta velocità”. Lo scrive Andrea Guircin, professore all’università Bicocca, in un suo intervento su La Stampa. “Al di fuori di quanto le indagini in corso indicheranno circa le responsabilità, ci sono diversi fattori per i quali i guasti creano dei problemi così vasti sia in termini temporali che in termini geografici. In primo luogo, è chiaro che il Pnrr ha degli effetti importanti proprio sulla situazione attuale, perché i quasi 30 miliardi di euro d’investimenti (compresi i soldi derivanti dai fondi europei Cef), hanno un impatto con migliaia di cantieri aperti contemporaneamente. Questi cantieri provocano ritardi e cancellazioni sia per il settore passeggeri che per il settore merci, che in realtà in questo momento è in grandissima sofferenza con perdite di quasi 100 milioni di euro come ricorda spesso l’associazione Fercargo”, si legge ancora. E poi: “Questi lavori sulla rete, che continueranno fino al 2026 e oltre, creano problemi aggiuntivi quando ci sono dei guasti all’infrastruttura, perché eliminano di fatto i buffer esistenti (come se non ci fossero più delle vie alternative).
Tornando al guasto di ieri, c’è da fare una puntualizzazione importante. L’incidente è successo nel nodo urbano di Roma, il più trafficato d’Italia e che, come ogni nodo urbano, vede insistere il traffico non solo dell’alta velocità, ma anche di treni regionali, intercity e finanche treni merci. Il traffico misto nei nodi è una caratteristica italiana e provoca complicazioni che ad esempio in Giappone, Spagna o Francia non esistono, perché in quei paesi, l’alta velocità viaggia completamente su linee dedicate e separate dal restante traffico”. Amara la conclusione: “C’è però da essere franchi e ricordare che, con i tanti lavori sulla rete attuale, i problemi continueranno ad esserci per i prossimi anni”.