Energia e migrazioni economiche: questioni vicine

Noi europei abbiamo bisogno di gas, gli africani di tecnologie per la crescita: su questi due temi un punto d’incontro c’è

Nel 2030 il Continente africano avrà bisogno, secondo le previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), del 75 per cento di energia in più rispetto ad oggi. L’Unione europea ha invece in programma di continuare a crescere consumando sempre meno energia e di ridurre del 55 per cento, sempre al 2030, le sue emissioni nette di gas ad effetto serra. È anche in atto, nell’Unione, un grande lavoro di diversificazione delle fonti e di indipendenza dalla Russia.

Tutti questi impegni, queste necessità, queste prospettive sono fortemente interconnesse fra loro, e possono anche influire sulla “dimensione esterna” della questione migratoria (almeno verso i Paesi africani) unico punto sul quale, tra i Ventisette, c’è un accordo di una qualche consistenza su questo tema così divisivo.

In sostanza: noi europei abbiamo bisogno di fonti di energia, gli africani hanno bisogno di tecnologie per sviluppare la loro economia. Su questi due temi un punto d’incontro c’è, anche perché la presenza finanziaria dell’Ue in Africa è notevole, superiore a quella degli Stati Uniti, e sempre più in competizione con la Cina.

A noi manca il gas, a loro mancano le tecnologie: tutti e due abbiamo bisogno di qualcosa che quasi solo l’altro può dargli. Interesse dell’Unione è poi quello di “allargarsi” il più possibile, per frenare l’espansione della Cina. Vista la vicinanza geografia da parte dell’Unione europea dovrebbe anche esserci un forte interesse per uno sviluppo economico africano il più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale.

Ecco, uno scambio che fornisca all’Unione europea le materie prime delle quali ha bisogno e ai Paesi Africani le tecnologie, l’assistenza della quale necessitano per il loro sviluppo che ci si augura diventi sempre più rapido.

Più sviluppo corrisponde a meno migrazioni economiche verso l’Europa, obiettivo condiviso dai 27, ma anche una maggiore collaborazione economica e politica, che non sia solo un rapporto tra acquirenti e venditori, può aiutare l’Unione ad avere nuovi partner affidabili, e a rendere sempre più concreta la sua “green transition”.