“Durante la pandemia abbiamo visto persone che lavoravano da casa. Siamo passati al digitale, i servizi sono diventati virtuali. La virtualizzazione dei servizi può portare una boccata d’aria fresca, riducendo i costi senza intaccare i salari“. La presidente della Banca centrale europea (Bce), Christine Lagarde, insiste da tempo su questo concetto che, in sostanza, il telelavoro è il futuro.
La questione è ovviamente da tempo all’esame di imprese, sindacati, governi, ma anche aziende di trasporto, associazioni di ristoratori, produttori di strumenti per il lavoro a distanza, come il pc sul quale sto scrivendo.
Le questioni da risolvere sono molte, da quelle assicurative a quelle degli orari di lavoro, a chi paga le spese di produzione che prima erano in capo all’azienda. Ma il quadro si va formando perché il telelavoro diventi la normalità. La Commissione europea è anch’essa intervenuta, come ha fatto il Parlamento, cercando di dettare regole in particolare sigli orari e sul diritto dei lavoratori alla disconnessione: se lavoro da casa non è che ci si può aspettare che lavori a qualsiasi ora o per un numero di ore al di là di quelle contrattuali.
Ci sono poi ricadute economiche non indifferenti per tutto un sistema di imprese, per lo più piccole, che forniscono servizi ai lavoratori, come i bar o i punti di ristoro, o anche i parcheggi a ore. Ci sono ricadute sull’organizzazione del trasporto pubblico…
Insomma, è tutto un sistema che va ripensato se si vuole andare in questa direzione, le ricadute possibili sono moltissime: ad esempio, chi verifica la salubrità dell’ambiente di lavoro casalingo (scrivanie, sedie, impianti elettrici…). Fare questo lavoro casa per casa avrebbe costi inimmaginabili, ma non farlo potrebbe causare costi inimmaginabili per la sanità pubblica e gli enti previdenziali.
Il telelavoro però, è inevitabilmente nel nostro futuro. E, lo sappiamo, il futuro non si ferma. Non si può fermare, a pena di restare indietro, di diventare meno efficienti, di avere spese più alte, di avere un impatto sull’ambiente che resterebbe troppo alto. Sì, perché il telelavoro, se strutturato su grandi numeri, avrà un impatto non insignificante sull’ambiente, sulla sostenibilità della produzione. Spostare ogni giorno migliaia di lavoratori costa in termini ambientali: servizi pubblici, auto private, moto, e conseguenti incidenti, ingorghi, emissioni senza controllo. E di ore sprecate nel recarsi al luogo di lavoro che potrebbero essere dedicate alla famiglia o ai propri piaceri sportivo o intellettuali.
Guardando ad un’economia sostenibile il ‘chilometro zero’ non è più solo quello dei produttori di alimenti, ma diventa anche quello di bancari, di giornalisti, di impiegato, di tanti professionisti. E a dirlo oramai, sono anche i banchieri.