Le banche Eurozona non sono pronte per i rischi da ‘global warming’

“I cambiamenti climatici avranno un impatto sulla stabilità dei prezzi”, è stata chiara la presidente dell’istituzione di Francoforte, Christine Lagarde

Banche e clima, un binomio che non c’è. Sei istituti di credito su dieci all’interno della zona euro (60%) non dispone ancora di un quadro di stress-testing del rischio climatico. Mancano in sostanza simulazioni di scenari legati alle problematiche che i cambiamenti climatici portano con sé, non ci sono gli strumenti per individuare eventuali vulnerabilità e capire come trattarle. Le banche dell’eurozona non sono, in sostanza, preparate per rispondere alle instabilità prodotte dagli effetti del surriscaldamento globale.

Le carenze sono state mappate dalla Banca centrale europea, attraverso i risultati delle verifiche condotte su 104 banche. Il test, che fa parte della più ampia tabella di marcia della Bce in materia di clima, ha raccolto informazioni qualitative e quantitative, ma i conti non tornano. “I cambiamenti climatici avranno un impatto sulla stabilità dei prezzi”. Su questo la presidente dell’istituzione di Francoforte, Christine Lagarde, è stata chiara. L’avvertimento risale a maggio 2021, quando condivise le sue preoccupazioni alla platea della Conferenza sullo Stato dell’Unione. Il mandato dell’Eurotower è proprio quello di garantire la stabilità dei prezzi, e per questo si è deciso di intervenire per porre un rimedio. Rimedio che non c’è.

L’analisi della Banca centrale europea, annunciata un anno fa, rileva che allo stato attuale “la maggior parte delle banche” non include il rischio climatico nei propri modelli di rischio di credito e solo il 20% considera il rischio climatico come una variabile nella concessione dei prestiti. In sintesi: nonostante i progressi compiuti dal 2020 attualmente le banche non sono in linea con le migliori pratiche, secondo le quali dovrebbero stabilire capacità di stress-testing climatico che includano diversi canali di trasmissione del rischio climatico (ad esempio, rischi di mercato e di credito) e portafogli (ad esempio, imprese e mutui).
Gli istituti creditizi ricevono quindi l’invito a cambiare attitudine e mettersi al lavoro. “Le banche dell’area dell’euro devono urgentemente intensificare gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico, colmando le attuali lacune di dati e adottando le buone pratiche già presenti nel settore”, esorta Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza della Bce. Un invito che non aggiunge nulla di nuovo. A marzo di quest’anno già Frank Elderson, membro del board e vicepresidente del Comitato di vigilanza, aveva lamentato che “nessuna delle 115 banche vigilate direttamente dalla Bce soddisfa pienamente le nostre aspettative” sui rischi climatici e “ più di un terzo delle istituzioni non rivela” cosa fa per allinearsi all’accordo di Parigi sul clima.