Acqua, così preziosa, ma così bistrattata. Per la Giornata mondiale dell’acqua, che si celebra il 22 marzo, Onu, Istat, fondazioni e persino Papa Francesco si sono soffermati sul bene più prezioso per l’uomo e per il pianeta. “L’accesso all’acqua, in particolare all’acqua potabile e pulita, è ormai un punto critico per il presente e il prossimo futuro della famiglia umana. È una questione prioritaria per la vita del pianeta e per la pace tra i popoli. Ci riguarda tutti”, ha detto il pontefice ricevendo in udienza i membri dell’organizzazione di volontariato ‘Ho avuto sete’. E nel messaggio diffuso in occasione del IX Forum Mondiale dell’Acqua (Dakar 21-26 marzo) ha aggiunto: “La sicurezza dell’acqua oggi è minacciata da una varietà di fattori, tra cui l’inquinamento, i conflitti, il clima i conflitti, il cambiamento climatico e l’abuso delle risorse naturali. Eppure l’acqua è un bene prezioso per la pace. Come tale, non può essere considerato semplicemente come un bene privato, soggetto alle leggi del mercato e del profitto”.
DISPERSO UN TERZO DELL’ACQUA POTABILE
L’Istat invece ha fatto il punto sulla situazione idrica in Italia: nel 2020 sono andati dispersi, nel nostro Paese, 0,9 miliardi di metri cubi di acqua, ovvero il 36,2% di quella immessa nella rete di distribuzione (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018). Proseguendo la tendenza già segnata nel 2018, le perdite totali di rete si riducono di circa un punto percentuale. In particolare, 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, tutti del Sud, nel 2020 hanno fatto ricorso a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, disponendo la riduzione o sospensione dell’erogazione idrica. Il problema principale delle perdite infatti è dovuto alla “forte obsolescenza dell’infrastruttura idrica” ha spiegato l’Istat. Ma anche la crisi climatica incide sulla risorsa acqua: sempre l’istituto nazionale di statistica ha rilevato come nell’ultimo decennio, il 2020, insieme al 2011, sia stato uno degli anni meno piovosi nei Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, per i quali si è registrata una precipitazione totale annua pari a 661 mm (calcolata come media delle stazioni osservate nelle principali città).
2% PNRR AL SETTORE IDRICO
Occorre quindi rimboccarsi le maniche, e l’Italia lo sta facendo destinando ad esempio quasi il 2% del Pnrr al settore idrico. Lo ha rimarcato oggi, durante la presentazione dei dati Blue Book 2022, Francesca Mazzarella, direttore della Fondazione Utilitatis. Secondo le slide mostrate nel corso dell’evento, l’Italia destinerà a investimenti nel settore idrico 4,38 miliardi di euro. La Spagna invece 2,09 miliardi, la Romania 1,9 miliardi, la Francia 0,3 miliardi, il Belgio 0,29 miliardi e la Bulgaria 0,37 miliardi. “Inoltre – ha proseguito Mazzarella – sono già stati finanziati 75 progetti per la manutenzione e il potenziamento delle infrastrutture per due miliardi di euro. In più ci sono risorse specifiche per il Sud, per contrastare le perdite di rete e la digitalizzazione e monitoraggio delle infrastrutture per 300 milioni di euro”.
CATTIVA GESTIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE
L’Onu invece ha puntato il faro sulle acque sotterranee, “fondamentali, ma mal gestite”. Queste infatti rappresentano il 99% di tutta l’acqua dolce liquida sulla Terra. Tuttavia, questa risorsa naturale è spesso poco conosciuta e di conseguenza sottovalutata, mal gestita e persino abusata, si legge nell’ultima edizione del World Water Development Report delle Nazioni Unite pubblicato dall’Unesco. Gli autori del rapporto chiedono agli Stati di impegnarsi a sviluppare politiche di gestione e governance delle acque sotterranee adeguate ed efficaci al fine di affrontare le crisi idriche attuali e future in tutto il mondo. A livello globale, si prevede che l’uso dell’acqua aumenterà di circa l’1% all’anno nei prossimi 30 anni. La nostra dipendenza complessiva dalle acque sotterranee dovrebbe aumentare man mano che la disponibilità di acqua superficiale diventa sempre più limitata a causa del cambiamento climatico.
LE BUONE PRATICHE ITALIANE
Servono dunque buone pratiche per non sprecare, conservare e riutilizzare l’acqua. E alcuni esempi arrivano proprio dall’Italia. Enea e Università di Bologna hanno infatti sviluppato, in collaborazione con Gruppo Hera e Irritec, un prototipo tecnologicamente avanzato in grado di depurare le acque reflue allo scopo di utilizzarle per irrigare e fertilizzare i campi coltivati, con benefici in termini di maggiore disponibilità idrica, apporto di nutrienti, riduzione dei concimi chimici, sostenibilità ambientale e qualità della filiera depurativa. Il prototipo dimostrativo è stato realizzato nell’impianto di depurazione del Gruppo Hera a Cesena ed è stato testato su un campo sperimentale con 120 colture di cui 66 piante di pesco e 54 di pomodoro da industria. I risultati raccolti a valle della fase sperimentale confermano la qualità delle acque depurate a fini agricoli. I risultati di ricerca industriale, da confermare con ulteriori campagne, evidenziano la fattibilità di pratiche di economia circolare e simbiosi industriale che favoriscono la conversione degli impianti di depurazione in vere e proprie bioraffinerie da cui recuperare la risorsa idrica primaria, prodotti secondari ad elevato valore aggiunto, come ammendanti e fertilizzanti in grado di garantire un apporto di nutrienti, tra cui azoto, fosforo e potassio, e ridurre il ricorso a concimi chimici di sintesi.
Mentre il Crea, Centro per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, sta studiando e quantificando gli effetti del biochar (il carbone vegetale che si ottiene dalla pirolisi – ossia dalla decomposizione termochimica – di diverse biomasse vegetali). Questo carbone, se applicato ai suoli, è un efficace ammendante, in grado cioè di migliorarne le proprietà fisiche e idrauliche. In generale, l’addizione di biochar al suolo aumenta la sua porosità e favorisce la ritenzione idrica e quella degli elementi nutritivi, che rimangono più a lungo disponibili per le piante.