“Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già net zero per quel che riguarda i gas climalteranti”. A confermarlo è Giuseppe Pulina, Ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari. In sintesi, il nostro Paese si conferma fra i più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni degli allevamenti bovini. “Dobbiamo cominciare a guardare a questa filiera – spiega l’esperto – come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni”. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti – secondo ISPRA le emissioni dell’allevamento pesano il 5% del totale, calate di oltre 14 punti percentuali in 30 anni (e del 10% solo negli ultimi 10) – va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento. Per Pulina, “con le nuove metriche, il saldo dell’allevamento bovino è addirittura in negativo: il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione.
Uno studio più attento delle emissioni di gas serra, spiegano Assocarni e Coldiretti, fa emergere, infatti,” come anidride carbonica e metano non abbiano la stessa permanenza in atmosfera e lo stesso impatto sul clima. In particolare, il metano emesso naturalmente dai bovini, viene scomposto in atmosfera e riconvertito in CO2 nel giro di dieci anni per poi essere riassorbito dalle piante con la fotosintesi, rientrando nel naturale ciclo biogenico del carbonio”. Invece la CO2 prodotta dai combustibili fossili si accumula e permane in atmosfera potenzialmente per mille anni. Agendo, quindi, sul contenimento delle emissioni di metano dei bovini si opererebbe un effettivo sequestro di carbonio in atmosfera, rendendo di fatto la zootecnia un settore attivo nella lotta al cambiamento climatico, in opposizione a quanto si ritiene erroneamente oggi.
La sfida globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro e prodotto in maniera sostenibile a una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. In questo contesto si inserisce anche la zootecnia: sulla sinergia fra nuove sfide della food security e sostenibilità, si è svolto il simposio ‘Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile’ organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti. Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao ha sottolineato l’apporto della filiera della carne “alla grande sfida della sostenibilità” e ha ribadito il valore di un approccio scientifico e ragionato al tema ricordando che nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono grazie al lavoro in zootecnia. “Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme – ha spiegato Martina – contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei reflui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato. In questo senso, è il ragionamento del vicedirettore della Fao, “non abbiamo bisogno di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare insieme”.