Banco Alimentare: “Lottare contro ‘cultura scarto’ che fa male al Pianeta”

La crisi economica legata alla pandemia, alla guerra e al costo dell’energia ha spinto le aziende a riscoprire il valore della lotta allo spreco

Lo spreco alimentare non offende solo i poveri, ma pesa anche sull’ambiente. Secondo le Nazioni Unite, il cibo che ogni anno finisce nella spazzatura genera tra l’8 e il 10% dei gas serra a livello globale ed è una delle principali fonti di emissioni. Trasformare le eccedenze in rifiuti è quindi un problema ecologico, oltre che sociale. “Si tratta di un fenomeno che – sottolinea Giovanni Bruno, presidente della fondazione Banco Alimentare, intervistato da GEA – richiede un’azione metodica, efficace e capillare per sfruttare al massimo ogni possibilità di recupero”.

Le due dimensioni si intrecciano nella missione della fondazione che, dal 1989, mira a ridurre lo spreco e a distribuire gratuitamente le eccedenze per contrastare allo stesso tempo la fame e alleviare gli effetti del cambiamento climatico. Il bilancio sociale recentemente pubblicato rivela che nel 2021 il recupero di 44,7 mila tonnellate di prodotti ha salvato o evitato circa 100mila tonnellate di emissioni di Co2 (equivalenti a 30mila viaggi in aereo tra Milano e Tokyo o, in positivo, a dieci milioni di alberi piantati), oltre ad aver fornito pasti a più di 7mila strutture caritative.

In un Paese in cui ogni anno il 15% della produzione viene sprecato “concentrarsi esclusivamente sulle cause del problema non contribuisce però a risolverlo”. Lottare contro la “cultura dello scarto” – che trasforma in rifiuti cibi considerati poco appetibili dai consumatori – o eliminare il problema dell’invenduto – con l’offerta che spesso supera la domanda nei supermercati – spesso non ottiene i risultati sperati. “Quello che dobbiamo fare – dice – è intervenire capillarmente in tutti i passaggi della filiera produttiva e distributiva per massimizzare le opportunità di recupero e abbattere gli sprechi”. L’educazione e la sensibilizzazione dei cittadini è importante, “ma quando il cibo arriva a tavola è già tardi”: per questo motivo è importante agire con interventi mirati su industria alimentare, grande distribuzione organizzata, settore ortofrutticolo e ristorazione.

Negli ultimi anni qualche passo in avanti c’è stato. La crisi economica legata alla pandemia, alla guerra e al costo dell’energia ha spinto le aziende a riscoprire il valore della lotta allo spreco. Nei primi mesi del 2022 la fondazione ha registrato una diminuzione dell’8% del recupero di eccedenze alimentari: “Le imprese stanno diventando sempre più attente a ottimizzare e ridurre lo sperpero di risorse. È una scuola triste ma è pur sempre una scuola: l’emergenza ci insegna a diventare tutti più virtuosi”, commenta Bruno. Dall’attuale congiuntura sfavorevole nasce quindi un’opportunità: “Mi auguro che le buone pratiche adottate dalle aziende proseguano anche nel futuro. Sarà difficile tornare indietro, una volta scoperti i vantaggi: è una questione di mercato oltre che di etica”.

Nel frattempo, però, bisogna fare i conti con un autunno che si preannuncia rovente. “I dati ci dicono che la povertà è in forte aumento. L’incremento di un milione di poveri (da 4,6 a 5,6 secondo l’Istat, ndr) causato dalla pandemia tra il 2019 e il 2020 rischia di ripetersi con numeri simili anche quest’anno per colpa dell’inflazione e del costo dell’energia. Ce ne accorgiamo dal crescente numero di persone che si rivolgono ogni giorno alle strutture caritative che riforniamo”. Sono tante le famiglie che vivono sulla soglia del baratro e “basta un piccolo aumento delle bollette per farle precipitare”. Oggi a bussare alle porte delle mense non sono solo persone senza fissa dimora o immigrati “ma anche famiglie con reddito, che hanno uno o più figli a carico, così come anziani e studenti fuori sede che non riescono a far fronte al caro vita”.

La difficile situazione economica tocca anche le realtà del terzo settore: “Quest’anno i nostri costi di gestione sono cresciuti del 45% tra logistica, trasporti ed energia elettrica”, ammette Bruno. Come rispondere a queste emergenze? “È necessaria una forte azione di governo, che sostenga con convinzione attività come le nostre. Al nuovo esecutivo chiediamo un vero e proprio cambio culturale: spesso ci si dimentica che le realtà che operano in questo ambito svolgono un’importantissima funzione sociale oltre che ecologica, e non possono essere lasciate sole. Il terzo settore deve entrare nelle logiche politiche ed economiche in modo strutturale, non residuale”, conclude Bruno. Ad essere in gioco non è solo il futuro del pianeta, ma anche il presente del Paese.

(Photo Credits: Banco Alimentare)