Cambiamenti climatici e pesca: barriera corallina ‘in pericolo’

Allarme dell'Unesco: “Ecosistema a rischio sotto gli effetti combinati del riscaldamento globale e di vari inquinamenti legati all'agricoltura e alla pesca”. L'Australia ha tempo fino alla primavera 2023 per azioni di contrasto

L‘Australia deve intensificare i suoi sforzi per sperare di evitare che la Grande Barriera Corallina venga segnalata come sito del Patrimonio Mondiale “in pericolo“. Secondo esperti dell’Unesco e dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), il degrado dell’ecosistema continua sotto gli effetti combinati del riscaldamento globale e di vari inquinamenti legati all’agricoltura e alla pesca.

La Grande Barriera Corallina è una delle principali attrazioni turistiche dell’Australia e la sua classificazione come sito “a rischio” potrebbe offuscare in modo significativo il suo fascino per i visitatori internazionali. La barriera corallina genera 600.000 posti di lavoro e 3,9 miliardi di euro di entrate ogni anno, secondo le stime dell’Australian Marine Conservation Society. Già nel 2021 l’Australia aveva evitato che l’Unesco inserisse la Grande barriera corallina nella sua lista dei siti del patrimonio mondiale in pericolo, nonostante la preoccupazione della comunità scientifica per il degrado di questo ecosistema unico. Il Comitato del Patrimonio Mondiale aveva deciso di rinviare tale decisione, dopo intense pressioni da parte di Canberra. “Nonostante gli sforzi scientifici e gestionali senza precedenti compiuti negli ultimi anni” dall’Australia, “l’eccezionale valore universale dell’area è significativamente influenzato dai fattori del cambiamento climatico“, afferma il nuovo rapporto in cui si precisa che la capacità del sito di resistere a questi impatti è “sostanzialmente compromessa”, in particolare – ma non esclusivamente – a causa del degrado della qualità dell’acqua. E tutte le misure e i progetti per farvi fronte “mancano di obiettivi chiari” e “non sono pienamente attuati”. Secondo gli autori del rapporto, “sebbene siano stati compiuti notevoli sforzi per ridurre il deflusso di nitrati e fosfati (…), è necessario garantire una riduzione maggiore di questi inquinanti nei prossimi tre anni rispetto a quanto è stato fatto realizzato dal 2009“.

L’Unesco ha lanciato l’allarme sul deterioramento della Grande Barriera Corallina per la prima volta nel 2010. Nel 2021, i membri del Comitato, tra cui Cina, Russia e Arabia Saudita, avevano ritenuto che a Canberra doveva essere concesso più tempo per fare il punto sui suoi sforzi di conservazione.
La ministra dell’Ambiente australiana Tanya Plibersek ha ammesso che la barriera corallina è minacciata, ma ha affermato che inserirla nella lista dei siti del patrimonio mondiale “in pericolo” sarebbe un passo troppo precipitoso. “Chiariremo all’Unesco che non è necessario individuare la Grande barriera corallina in questo modo“, ha detto ai giornalisti. “Se questo sito del patrimonio mondiale è in pericolo, allora la maggior parte dei siti del patrimonio mondiale nel mondo è in pericolo a causa dei cambiamenti climatici“, ha affermato.
Dal canto suo, l’Unesco ha fatto sapere che è in corso “un dialogo costruttivo con l’attuale governo” del primo ministro Anthony Albanese.
A maggio, scienziati australiani hanno riferito che il 91% dei coralli sulla barriera corallina era stato danneggiato dallo sbiancamento dopo una prolungata ondata di caldo estivo.
Una prossima riunione del comitato dell’Unesco è prevista per la metà del 2023, dove potranno essere esaminati i primi risultati delle misure che Canberra vuole intraprendere.

 

Photo credit: Afp