Capo indigeno: “Preoccupato per elezioni, l’Amazzonia è in pericolo”

"Al nuovo governo brasiliano chiediamo che la popolazione indigena possa essere riconosciuta per lavorare e non trattata come un vandalo", ha affermato Cacique Odair 'Dadá' Borari

Il 30 ottobre il Brasile è chiamato al ballottaggio tra Luiz Inacio Lula da Silva, icona della sinistra sudamericana, e Jair Bolsonaro, presidente uscente di destra, che tallona il favorito Lula in un conteggio sul filo di lana.

Gli occhi del mondo sono sul gigante sudamericano, soprattutto perché sulla sua guida si gioca gran parte del futuro dell’Amazzonia. Negli anni di Bolsonaro, noto alla cronaca per le sue posizioni negazioniste sul cambiamento climatico, il grande polmone del mondo è stato depredato. Secondo un report di Greenpeace, dal 2019 la deforestazione è aumentata del 75,6%.

Sono preoccupato“, confessa a GEA Cacique Odair ‘Dadá’ Borari, capo generale del Territorio indigeno Maró. Indipendentemente da chi sarà chiamato a presiedere il Paese, però, spera che il pensiero sia “per la collettività, per l’unione, perché in questo momento il Brasile non ha bisogno di una politica individualista ma collettiva e costruttiva“. È convinto che la stessa preoccupazione sia di tutta la popolazione, di chi ama il Brasile, di chi ama l’Amazzonia: “Tutto il mondo è preoccupato perché solo noi possiamo mantenere l’Amazzonia viva“.

I nativi hanno avuto un rapporto pessimo con Bolsonaro, ora chiedono riconoscimento e protezione: “La nostra domanda al nuovo governo è che la popolazione indigena possa tornare al dialogo, che possa avere un’educazione differenziata di qualità, che possa avere il diritto alla salute, che possa tornare ad avere la sua casa, perché le nostre case ci sono state tolte e quando parlo di casa, parlo di foresta, di natura“, avverte. “Che la popolazione indigena possa essere riconosciuta per lavorare e non trattata come un vandalo, come invece viene considerata da questo governo che sta per finire“.

Dadá Borari è a Roma su invito di Papa Francesco, per presentare in Vaticano il documentario ‘La Lettera’, sul potere dell’umanità di fermare la crisi ecologica. Il film racconta la storia dei viaggi a Roma di diversi leader, impegnati in prima linea nella cura della casa comune, per parlare con il POontefice della Lettera Enciclica Laudato si’. “È stato papa Francesco che mi ha contattato in Amazzonia – racconta il leader -. Mi ha mandato una lettera, è arrivata firmata da lui. Io ho grande rispetto per lui e per questo Stato. Quando è arrivato il suo invito per venire qui in Vaticano, la mia speranza è stata grande. Andiamo a discutere di come possiamo affrontare il cambiamento climatico, come possiamo pensare a una diminuzione della crisi ambientale, perché ogni giorno che passa aumenta. È stato un grande privilegio non solo conoscerlo ma capire qual è la sua politica“.